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Parvovirosi canina: profilassi vaccinale

  • Disciplina: Malattie infettive
  • Specie: Cane

Chi e quando vaccinare: L’infezione sostenuta dal virus della parvovirosi (Canine Parvovirus 2, CPV-2) è  ampiamente distribuita in tutto il mondo ed è caratterizzata in soggetti non protetti da elevata morbilità e mortalità conseguenti soprattutto allo sviluppo di problemi gastroenterici. Di conseguenza è buona norma vaccinare tutti i cuccioli e richiamare la vaccinazione anche nei soggetti adulti. I cani con un’anamnesi non nota devono essere considerati a rischio e vaccinati, prevedendo anche per questi dei richiami periodici.

In genere la vaccinazione contro la parvovirosi viene eseguita in combinazione con altri antigeni a partire dalle 8 settimane di età utilizzando un vaccino a virus vivo attenuato, con un richiamo a 3-4 settimane di intervallo. Ai fini della efficacia vaccinale è però fondamentale la scelta del momento in cui deve essere effettuata la vaccinazione. L'elemento principale da considerare sono gli anticorpi di derivazione materna (MDA) il cui titolo  nel cucciolo è direttamente proporzionale al titolo anticorpale della madre.

Gli anticorpi materni specifici per il parvovirus hanno un’emivita più lunga rispetto a quelli diretti verso altri patogeni e possono persistere nel cucciolo a titoli elevati fino a 10-12 e, in alcuni casi, anche 20 settimane di età, a seconda del titolo anticorpale della madre e della quantità assunta con il colostro. Questa peculiarità è responsabile del periodo critico di 2-4 settimane che caratterizza questa infezione, cioè della finestra di vulnerabilità durante la quale gli anticorpi di derivazione materna sono in quantità tale da rendere il cucciolo altamente recettivo alla malattia ma da impedire un’efficace risposta alla vaccinazione.

Infatti, nonostante la elevata efficacia dei vaccini attenuati ad oggi in commercio, si continuano ad osservare episodi di malattia in cuccioli regolarmente vaccinati. Il problema è fondamentalmente dovuto al ruolo interferente degli MDA che sono in grado di impedire l’immunizzazione del cucciolo. Questa condizione crea notevoli problemi soprattutto negli ambienti fortemente infetti (canili).

Un sistema abbastanza valido per ovviare al problema dell’interferenza degli MDA sulla immunizzazione è rappresentato dall’impiego dei vaccini cosiddetti ad “alto titolo”, capaci di superare l’interferenza degli MDA riducendo, ed in alcuni casi annullando, il “gap immunologico”. Una dose di vaccino pari a 107TCID/50, ossia 100-1000 volte superiore a quella dei vaccini “tradizionali”, permette di immunizzare i cuccioli con titoli anticorpali compresi tra 1:40 e 1:160.

Un altro metodo ufficiale, anche se ancora sperimentale, ed utile soprattutto negli ambienti fortemente infetti, si basa sulla somministrazione del vaccino per via endonasale. Per tale via, una dose vaccinale pari a 105TCID/50 è risultata capace di immunizzare cuccioli con titoli di MDA 1:40 e 1:80 in misura rispettivamente del 100% e del 72,7%. Questo metodo di vaccinazione può significativamente ridurre il periodo critico immunologico e può risultare efficace nei canili infetti.

Risulta comunque difficile stabilire l’età ottimale per effettuare la vaccinazione nei confronti della parvovirosi, proprio perché i titoli e la persistenza degli MDA possono subire notevoli variazioni in relazione ai diversi fattori descritti in precedenza.

È fondamentale, in condizioni epidemiche particolari, effettuare esami sierologici sui cuccioli per raccogliere elementi di valutazione sufficienti a stabilire con precisione “quando vaccinare”.

LA VACCINAZIONE
Come per il cimurro, se il cucciolo è alto rischio, è possibile iniziare la prima serie vaccinale a 6 settimane di età, somministrando ulteriori dosi vaccinali a 9-11 e 12-14. In accordo con le più recenti indicazioni degli organismi scientifici internazionali, un ultimo intervento per il primo anno di vita dovrebbe essere effettuato a 16 settimane di età.

La durata minima dell’immunità (DOI) conseguente alla vaccinazione con CPV-2 attenuato è di 7 anni. Di conseguenza, dopo la prima serie vaccinale e un primo richiamo annuale, sono considerati protettivi richiami triennali. Nel caso si ricorresse a un vaccino spento, è raccomandata una rivaccinazione annuale, a meno che questo tipo di vaccino non venga utilizzato come richiamo dopo una serie vaccinale iniziale eseguita con un vaccino attenuato: in questo caso è considerata protettiva una successiva rivaccinazione ogni 3 anni.

A differenza del virus del cimurro, per il quale è stata dimostrata un’attività immunodepressiva, numerosi studi hanno chiaramente dimostrato che la componente del parvovirus canino presente nei vaccini non ha alcuna attività immunodepressiva, ma per contro può causare miocardiopatia in cuccioli di età inferiore alle 4 settimane. Per questa vaccinazione è stata poi dimostrata un’efficacia diversa a seconda della razza canina vaccinata: alcune esperienze cliniche hanno infatti dimostrato che Dobermann, Pinscher e Rottweiler, razze fra loro geneticamente correlate, sono più sensibili all’infezione da parvovirus e non rispondono, o lo fanno solo in parte, a ripetute somministrazioni del vaccino specifico.

EFFICACIA VACCINALE
Un’altra importante questione riguarda l’efficacia dei vaccini in commercio nei confronti delle varianti attualmente circolanti. E’ noto, infatti, che quasi tutti i vaccini sono allestiti con la variante CPV-2 che, da diversi anni, non è più circolante nella popolazione canina. Secondo il parere di alcuni ricercatori e di alcune ditte produttrici di vaccini non ci sarebbe la necessità di allestire nuovi vaccini con ceppi CPV-2a, 2b o 2c, in quanto i vaccini in commercio risulterebbero ancora efficaci nei confronti delle varianti. Tuttavia, alcune ricerche hanno chiaramente evidenziato che i cuccioli vaccinati con CPV-2 presentano titoli anticorpali neutralizzanti molto elevati verso il virus omologo (vaccino), ma significativamente inferiori verso le varianti antigeniche. Inoltre, sono numerose le segnalazioni di focolai di malattia causati dalle varianti (soprattutto CPV-2c) in cani regolarmente vaccinati con formulazioni contenenti il tipo originale CPV-2.

Questi dati indicano che la “reale” immunità indotta dai vaccini tradizionali nei confronti delle varianti potrebbe essere molto bassa anche se, immediatamente dopo la vaccinazione, ancora su livelli in grado di conferire protezione.

Dopo tante dispute (scientifiche e commerciali) è confortante sapere che negli U.S.A. e in altri Paesi, Italia compresa, sono in commercio ormai da tempo vaccini preparati con la variante antigenica CPV-2b.


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