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Biopsia degli organi addominali nel cane e nel gatto

  • Disciplina: Chirurgia
  • Specie: Cane e Gatto

La diagnosi definitiva delle malattie che interessano il parenchima dei visceri addominali spesso richiede un campione rappresentativo del tessuto coinvolto. Tra i metodi di prelievo tissutale si annoverano tecniche minimamente invasive, come per esempio l’agoaspirato (FNA, Fine Needle Aspiration), e tecniche più cruente come la biopsia chirurgica. L’FNA e l’esame citologico possono essere utili strumenti diagnostici e sono comunemente utilizzati per i campioni epatici, splenici e linfonodali. L’FNA è una procedura semplice e poco costosa indicata soprattutto per la diagnosi delle patologie a carattere diffuso la cui esecuzione presenta un basso rischio per il paziente. Tuttavia, la sua accuratezza diagnostica e la concordanza con l’esame istopatologico variano in base alla patologia di base e spesso non riesce a fornire informazioni sull’architettura del parenchima. È importante sottolineare che l’FNA per l’esame citologico del fegato presenta gravi limitazioni qualora lo si intendesse utilizzare per identificare la malattia primaria poiché consente di prelevare solo campioni di piccole dimensioni.

Nonostante l’introduzione di tecniche come la TC e la risonanza magnetica, la biopsia è ancora considerata uno standard di riferimento per ottenere una diagnosi definitiva. Questo articolo fornisce una guida pratica sull’approccio chirurgico a cielo aperto per ottenere campioni citologici gastrointestinali, epatici, pancreatici e splenici nei pazienti veterinari. Le informazioni si basano su pubblicazioni oggetto di peer-review e sull’esperienza clinica dell’Autore.

BIOPSIA DEL TRATTO GASTROINTESTINALE
La via di approccio standard per la biopsia chirurgica a cielo aperto degli organi addominali è la laparotomia mediana ventrale. I margini dell’incisione chirurgica devono essere protetti con garze imbevute di soluzione fisiologica e l’organo da campionare va esteriorizzato e isolato da ogni altra struttura viscerale.

FILI DI SUTURA IDONEI PER IL TRATTO GASTROINTESTINALE
Benché si possano utilizzare la maggior parte delle suture riassorbibili, si preferisce impiegare un monofilamento sintetico come il poliglecaprone-25 (Monocryl™, Ethicon)3-0 per lo stomaco e 4-0 per l’intestino. Per i pazienti che presentano un ritardo di guarigione tissutale si ricorre a un monofilamento riassorbibile di lunga durata, come ad esempio il polidiossanone (PDS) o il poligliconato (Maxon), oppure a una sutura non riassorbibile come il nylon o il polipropilene. Pari efficacia evidenziano le suture continue o a punti staccati per la chiusura intestinale eseguita manualmente. I dati di assorbimento mostrano che il poliglecaprone 25 conserva dopo 7 giorni il 50-60% della resistenza originaria, dopo 14 giorni il 20-30% mentre perde completamente le capacità meccaniche dopo 21 giorni. Queste caratteristiche lo rendono ideale per la chirurgia intestinale gastrica e per la chirurgia intestinale minore in cui la ferita non deve essere sostenuta per un periodo eccessivamente prolungato.
È fondamentale procedere con una tecnica chirurgica scrupolosa e minimamente invasiva al fine di evitare la compromissione del supporto vascolare gastrointestinale e per ridurre la dispersione del contenuto intestinale nella cavità peritoneale (e la contaminazione batterica a essa conseguente).

STOMACO
La biopsia gastrica a tutto spessore è indicata in presenza di processi patologici a carico della sottomucosa o della parete gastrica quando la biopsia endoscopica si rivela inadeguata (Fig. 1). La localizzazione anatomica dello stomaco impedisce la completa esteriorizzazione dell’organo; pertanto, al fine di ridurre al minimo la fuoriuscita di contenuto gastrico, si consiglia di apporre una sutura di posizionamento che consenta il sollevamento dell’area da campionare (Fig. 1a).
Quando si sospetta una malattia gastrica diffusa, di norma si preleva dalla regione del corpo dello stomaco un campione rettangolare o ellittico a tutto spessore della parete gastrica (comprendente mucosa, sottomucosa, muscolare e sierosa) (Fig. 1b e c). Al contrario, le lesioni focali richiedono il campionamento selettivo.
Le incisioni gastrotomiche vengono in genere chiuse con una sutura introflettente a due piani (sutura di Cushing). Il primo piano può anche essere costituito da una sutura apposizionale semplice continua che di solito include la mucosa gastrica. Il secondo strato deve includere invece la sierosa e la muscolare della parete gastrica (Fig. 1d).

INTESTINO
L’esplorazione chirurgica dell’intestino deve essere scrupolosa e dovrebbe sempre iniziare con la palpazione del duodeno. Deve essere estesa inoltre all’intera lunghezza dell’intestino in quanto potrebbero essere presenti lesioni multiple. Il segmento intestinale interessato viene esteriorizzato e isolato dagli altri organi splancnici con tamponi imbevuti di soluzione fisiologica (Fig. 2). Il contenuto intestinale viene sospinto mediante pressione digitale in direzione orale e aborale e mantenuto lontano dal sito chirurgico occludendo il lume intestinale con pinze di Doyen oppure mediante l’ausilio manuale di un assistente (Fig. 2a).
Si esegue un’incisione ellittica o rettangolare con una lama da bisturi n. 11 a livello del margine antimesenterico del segmento intestinale interessato (Fig. 2b).
Il prelievo bioptico intestinale con incisione a cuneo non è raccomandato in quanto con tale tecnica la porzione di mucosa prelevata è ridotta o assente e non consente una precisa interpretazione istopatologica. Secondo l’esperienza dell’Autore, si ottiene un campione idoneo all’esame istopatologico asportando una porzione rettangolare longitudinale di parete intestinale (0,5-1 cm × 0,3-0,5 cm) (Fig. 2c). Prima di chiudere la soluzione di continuità è necessario resecare con forbici di Metzenbaum sottili ogni residuo di mucosa che protrude dalla ferita. Il difetto rettangolare antimesenterico viene poi chiuso in senso longitudinale con una sutura semplice a punti staccati eseguita con un monofilamento riassorbibile 4-0 come il poliglecaprone 25 (Figura 2d).
In alternativa si può eseguire una biopsia intestinale con un punch da dermatologia da 4 o 6 mm, che viene “spinto” attraverso la sierosa fino al lume. Il difetto risultante viene chiuso in senso longitudinale o trasversale (a seconda del diametro intestinale in quel punto) con una sutura semplice a punti staccati eseguita con un filo 4-0.


La linea di sutura può essere poi rinforzata mediante omentopessi, tecnica che prevede il posizionamento di una porzione di omento al di sopra dell’incisione e intorno all’ansa intestinale interessata.
Quando non si riesce a identificare inequivocabilmente una lesione intestinale, è necessario prelevare campioni multipli da duodeno, digiuno e ileo (Fig. 3).

BIOPSIA EPATICA
La biopsia epatica è una fase importante nella valutazione degli animali con malattia epatica, consentendo essa la formulazione di una diagnosi e di un protocollo terapeutico, oltre che di una prognosi accurata. Tuttavia, l’esame di un singolo campione epatico consente di valutare solo una piccola porzione di tessuto epatico, le cui caratteristiche potrebbero non rappresentare quelle dell’intero organo. Pertanto, quando possibile, si preferisce prelevare campioni da lobi diversi, anche quando il parenchima appare uniforme. Prima della biopsia è importante valutare lo stato emocoagulativo del paziente. In caso di malattia epatica diffusa si può campionare qualsiasi regione epatica. Le lesioni focali richiedono il campionamento selettivo sotto guida ecografica o con visualizzazione diretta mediante un approccio laparoscopico o chirurgico. Le lesioni di grandi dimensioni devono sempre essere campionate in periferia perché il centro può essere necrotico.

BIOPSIA EPATICA CHIRURGICA A CIELO APERTO
Nel corso di interventi chirurgici a carico del tratto epatobiliare si possono ottenere biopsie epatiche; di esse si raccomanda l’esecuzione precoce nel corso della laparotomia poiché l’anestesia prolungata, le alterazioni vascolari e la manipolazione dei visceri possono favorire la comparsa di lesioni epatocellulari. La chirurgia presenta numerosi vantaggi: l’esposizione, la visualizzazione diretta, la capacità di manipolare e palpare i tessuti, il monitoraggio del sito bioptico per eventuali sanguinamenti. Si dispone di diverse tecniche di prelievo con metodo chirurgico, tra le quali il metodo a ghigliottina e la biopsia con punch.

Metodo a ghigliottina
Si tratta della procedura di più semplice esecuzione in caso di malattia epatica diffusa e viene eseguita a livello della periferia dei lobi epatici (Fig. 4). Tali aree sono facilmente accessibili e presentano strutture vascolari e biliari di piccole dimensioni. Si seleziona e si esteriorizza l’estremità di lobo epatico accessibile (Fig. 4a). Si appone una sutura ad ansa intorno al tessuto epatico da campionare con filo 4-0 riassorbibile e si stringe il nodo (Fig. 4b), con conseguente schiacciamento del parenchima epatico e occlusione dei dotti e dei vasi ematici associati (Fig. 4c). Si recide la porzione di tessuto epatico distale alla legatura con una lama di bisturi (Fig. 4d). Si identificano e si trattano di conseguenza eventuali sanguinamenti.

Biopsia con punch
Si può utilizzare questo metodo per campionare una lesione epatica situata lontano dalla periferia del lobo epatico (Fig. 5). Generalmente si utilizza un punch da 4-6 mm (Fig. 5a). Lo strumento viene inserito nel parenchima epatico nel punto prescelto e ruotato in senso orario e antiorario sulla lesione fino a raggiungere la profondità desiderata (Fig. 5b). La profondità di inserimento deve essere limitata a meno della metà dello spessore del lobo per evitare di lesionare i rami venosi epatici di più grandi dimensioni. La base del punch viene inclinata per recidere le adesioni profonde e il campione epatico viene quindi rimosso (Fig. 6a e b). Si colloca infine un bottone di collagene emostatico nella soluzione di continuità prodotta al fine di limitare il sanguinamento (Fig. 6c e d).

BIOPSIA DEL PANCREAS
Mentre la diagnosi di pancreatite canina è relativamente semplice, quella di pancreatite felina può essere difficile da ottenere. In generale, la diagnosi definitiva di malattia pancreatica felina richiede una combinazione di sospetto clinico, alterazione del quadro ecografico addominale ed esame istologico dei campioni bioptici. I metodi più affidabili per la diagnosi accurata delle malattie del pancreas rimangono la visualizzazione diretta e l’esame istopatologico.

BIOPSIA PANCREATICA CHIRURGICA A CIELO APERTO

Malattia pancreatica diffusa
Negli animali con malattia pancreatica diffusa la biopsia viene generalmente eseguita a livello della porzione distale del lobo pancreatico destro, in virtù della sua distanza dal sistema duttale pancreatico e dai grandi vasi ematici. La biopsia pancreatica può essere eseguita con una lama da bisturi per ottenere un campione bioptico a cuneo, con un punch per ottenere un campione cilindrico oppure con la metodica a ghigliottina (Fig. 7).
Il campione bioptico a cuneo viene raccolto perforando il mesoduodeno in prossimità della sua inserzione pancreatica e isolando una sezione triangolare del pancreas (circa 5 x 5 x 7,5 mm) con due pinze curve. La biopsia viene escissa con un bisturi la cui linea di taglio seguirà il margine delle pinze, dietro le quali si apporrà quindi una sutura con un monofilamento riassorbibile 4-0. Tale sutura riduce la fuoriuscita di enzimi pancreatici ma può favorire la formazione di aderenze locali.
La biopsia con la tecnica a ghigliottina viene effettuata facendo passare la sutura intorno alla porzione di tessuto pancreatico che deve essere rimosso (Fig. 7a e b). La sutura viene poi serrata, così schiacciando il parenchima pancreatico e occludendo i dotti e i vasi associati (Fig. 7c). Si recide il tessuto pancreatico posto distalmente alla legatura e si chiude il mesoduodeno (Fig. 7d).

Malattie pancreatiche localizzate
La biopsia delle lesioni pancreatiche singole o multiple può essere escissionale (pancreatectomia parziale) con la tecnica della ghigliottina oppure a cuneo se la lesione è a carico del lobo pancreatico destro o sinistro.
Nei casi in cui la lesione risulti localizzata in profondità nel corpo del pancreas non sarà possibile eseguire una pancreatectomia parziale e il campione bioptico dovrà essere necessariamente raccolto mediante agobiopsia o biopsia con punch. In tal caso non si può tuttavia ottenere l’occlusione dei dotti e dei vasi ematici con conseguente rischio postoperatorio di dispersione di enzimi pancreatici. In alternativa si può ricorrere a una tecnica di dissezione smussa con legatura, da attuare come di seguito enunciato. Il tessuto pancreatico da prelevare viene isolato per via smussa con una pinza emostatica di Halsted oppure con tamponi di cotone sterili. Si procede con la legatura o cauterizzazione dei vasi ematici e dei dotti associati e si asporta infine il campione di tessuto pancreatico. La procedura si conclude con la chiusura del mesoduodeno. Il sistema duttale pancreatico e i principali tronchi vascolari dell’area devono essere accuratamente protetti da lesioni iatrogene; in particolare, è importantissimo preservare l’integrità dei vasi pancreaticoduodenali per prevenire la necrosi del duodeno.

BIOPSIA SPLENICA
La letteratura riguardante la biopsia splenica in medicina veterinaria è scarsa. Solo raramente tale procedura rappresenta un’indicazione per la laparotomia. Ciò può essere dovuto alla natura delle malattie della milza negli animali da compagnia, che spesso richiedono la splenectomia anziché la biopsia, nonché da un diffuso timore di complicazioni associate alla biopsia di un organo così estesamente vascolarizzato.

BIOPSIA SPLENICA CHIRURGICA A CIELO APERTO
In caso di malattia splenica diffusa, la procedura più semplice da eseguire è la tecnica della ghigliottina eseguita a cielo aperto a livello dell’area più periferica della coda splenica (Fig. 8), la cui estremità è facilmente accessibile e l’emorragia raramente si manifesta dopo il prelievo bioptico. La splenectomia parziale o completa può essere la tecnica da preferire nel caso di lesioni singole o multiple distanti dalla periferia splenica.

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