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Anemia emolitica immunomediata del cane

  • Disciplina: Ematologia, Immunologia, Diagnostica di laboratorio
  • Specie: Cane

1. INTRODUZIONE

L’anemia emolitica immunomediata (IMHA) è tra le più comuni patologie immunomediate del cane e raggiunge un’incidenza dello 0,2% in questa specie. 

In questa patologia, i globuli rossi sono distrutti prematuramente a seguito di un meccanismo di ipersensibilità di II tipo in cui gli anticorpi si legano alla membrana del globulo rosso attivando i meccanismi di eritrofagocitosi, inducendo l’emolisi e riducendo la vita media del globulo rosso. I progressi in ambito clinico hanno consentito negli anni di migliorare molto la percentuale di mortalità di questa patologia, che rimane tuttavia ancora abbastanza elevata (50-70%). Per tale motivo è ancora intensa la ricerca nell’ambito dell’immunoematologia clinica, considerate anche la gravità dei segni clinici e la difficile gestione terapeutica della patologia.

2. PATOGENESI

Come precedentemente anticipato, nell’IMHA i globuli rossi vengono distrutti attraverso un meccanismo di ipersensibilità di II tipo mediato dalla produzione di anticorpi diretti verso antigeni eritrocitari di membrana. Questi antigeni bersaglio sono rappresentati da glicoforine, proteine della banda 3 e le spectrine molecolari del citoscheletro.

Gli anticorpi invece più comunemente coinvolti nella patogenesi della patologia sono IgG (IgG1 e IgG4), IgM e meno frequentemente IgA. Questa variabilità nelle classi anticorpali prodotte è emblema dell’eterogenicità di questa patologia e della moltitudine di eventi che portano al suo instaurarsi.

La patologia si può sviluppare attraverso due differenti meccanismi:

  • Gli anticorpi vengono diretti verso antigeni self, espressi sulla superficie dei globuli rossi, oppure verso antigeni non selfcombinati con altri normalmente presenti;
  • Fallimento del processo di tolleranza immunologica (costituita da tutti quei meccanismi che nell’individuo immunocompetente fanno sì che ogni soggetto sia tollerante nei confronti dei propri antigeni – antigeni self) e conseguente mancato arresto della produzione di autoanticorpi. Nel sistema immunitario, la produzione di autoanticorpi è evitata prevalentemente attraverso l’azione di linfociti T regolatori (T-reg)

Una volta che gli anticorpi si legano ai globuli rossi, il globulo rosso viene segnalato ad altri componenti del sistema immunitario come opsonizzabile. A questo punto la sua distruzione/emolisi avverrà o attraverso l’attivazione del complemento oppure tramite la fagocitosi da parte del sistema reticoloendoteliale.

L’IMHA da un punto di vista patogenetico può quindi essere classificata in intravascolare, in cui gli eritrociti vanno incontro a lisi per mezzo di complessi anticorpo-complemento, o extravascolare, in cui invece si realizzano il sequestro e la degradazione dei globuli rossi per mano dei macrofagi. Le due forme sono talvolta contemporaneamente presenti.

3. CLASSIFICAZIONE

L’IMHA è stata recentemente classificata sulla base dell’evidenza di un fattore sottostante (definito comunemente trigger), in due tipologie:

  • Associativa (IMHA secondaria, presenza di eventuali cause concomitanti o comorbidità estranee alla patologia) 
  • Non associativa (IMHA primaria o idiopatica o criptogenica, IMHA non associabile a malattie concomitanti).

L’IMHA associativa ha un’incidenza nel cane del 20-25% e si verifica quando è presente una causa sottostante che provoca l’attacco delle immunoglobuline ai globuli rossi. La causa sottostante può essere rappresentata da: 

  • neoplasie: soprattutto linfoma, malattie mieloproliferative, sarcoma istiocitario, emangiosarcoma;
  • malattie infettive, in particolare quelle trasmesse da artropodi canini, vale a dire babesiosi, ehrlichiosi, leishmaniosi, rickettsiosi e possibilmente anche anaplasmosi e bartonellosi; 
  • farmaci, quali sulfamidici, penicilline, cefalosporine, carprofen;
  • vaccinazioni; questa, tuttavia, risulta essere ad oggi l’associazione più controversa e dibattuta, ma è considerata possibile per cani vaccinati entro le tre-quattro settimane precedenti alla manifestazione dei sintomi;
  • patologie infiammatorie: pancreatite, necrosi epatica, gastroenterici, dermatiti;
  • malattie sistemiche immunomediate; l’IMHA può infatti esser parte di un complesso di patologie sistemiche immunomediate come, ad esempio, lupus eritematoso sistemico o sindrome di Evans.

Al contrario, nell’IMHA non associativa non è possibile riconoscere o dimostrare una causa sottostante, o una recente vaccinazione, o una somministrazione di farmaci, e gli anticorpi coinvolti sono considerati veri autoanticorpi con spiccata specificità per antigeni self della membrana eritrocitaria. 

Quest’ultima forma è definita anche come anemia emolitica autoimmune (AIHA) o immunomediata idiopatica ed è la forma predominante nel cane.

4. SEGNALAMENTO E PRESENTAZIONE CLINICA

Alcune caratteristiche del segnalamento, dell’anamnesi e della presentazione clinica ricorrono con una certa frequenza nei pazienti con IMHA. L’età di insorgenza della patologia è variabile (1 – 13 anni) con una mediana di 6 anni; le femmine, sia intere che sterilizzate, e i maschi castrati sembrano essere maggiormente predisposti. L’IMHA idiopatica può colpire tutti i soggetti, ma la maggiore prevalenza della patologia in particolari razze e linee di sangue suggerisce la presenza di una forte influenza genetica. Alcuni studi hanno messo in evidenza una maggiore prevalenza in Cocker Spaniel, Border Collie, Barboncino, Irish Setter, Miniature Schnauzer, English Springer Spaniels, Old English Sheepdogs. La durata dei segni clinici prima della presentazione del cane dal veterinario è in media 4 giorni. Vi sono due principali presentazioni cliniche caratteristiche dei cani colpiti da IMHA. La forma più comune è contraddistinta da un andamento cronico (da giorni a settimane) e da manifestazioni riconducibili all’anemia stessa: debolezza, letargia ed intolleranza all’esercizio, anoressia, pallore mucosale, tachipnea, tachicardia e tachisfigmia; oppure segni clinici riferibili alla sottostante distruzione dei globuli rossi (emolisi extravascolare): ittero (per concentrazioni di bilirubina > 1,5-2 mg/dL), epatosplenomegalia e linfoadenomegalia, in un 15-30% dei cani con IMHA sono segnalati anche vomito e diarrea, mentre la febbre  risulta essere un segno clinico ricorrente nel 46% dei pazienti con IMHA. La forma a decorso acuto o subacuto della malattia (1-2 giorni) è meno frequente ed è associata a grave emolisi intravascolare, ittero emoglobinemia, emoglobinuria e particolari colorazioni delle feci. Tra le alterazioni cardiovascolari è altresì frequente un soffio sistolico di II, III o IV grado, soprattutto in pazienti aventi un PCV< 15-20% e dovuto all’associazione fra anemia e flusso sanguigno turbolento. In assenza di fattori predisponenti, meno frequenti risultano essere sincopi e collassi improvvisi, pica e polidipsia. Susseguentemente, molti cani possono sviluppare tachipnea e dispnea, stasi venosa a carico degli arti, zoppia, estremità fredde e perdita della sensibilità delle dita, manifestazioni cliniche legate all’insorgenza di tromboembolismi arteriosi e trombosi venose. Alcuni dei pazienti colpiti da IMHA mostrano una concomitante trombocitopenia, frutto dei meccanismi protrombotici o di una sindrome di Evans (associazione di IMHA e trombocitopenia immunomediata). Se la trombocitopenia è grave, possono essere evidenti petecchie, ecchimosi, epistassi o altri sanguinamenti quali ematochezia o melena, ematemesi, eccetera.

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Mucose itteriche in paziente con IMHA

5. DIAGNOSI

La diagnosi laboratoristica di IMHA è centrata sulla dimostrazione di un meccanismo immunomediato alla base del fenomeno emolitico e prevede l’esecuzione di esami ematochimici, valutazioni emostatiche, l’esame chimico fisico delle urine e l’effettuazione di test di laboratorio specifici (Test di Coombs, esame citofluorimetrico, test di autoagglutinazione microscopica). Devono altresì essere considerati approfondimenti diagnostici atti ad escludere eventuali patologie associate (diagnostica per immagini, esame citologico di organi addominali, test per la ricerca di agenti infettivi).

Emocromo emocromocitometrico (CBC): Il punto di partenza per la diagnosi clinico patologica dell’IMHA è rappresentato dall’esecuzione dell’esame emocromocitometrico. Al momento della presentazione la maggior parte dei cani mostra una anemia molto grave (<12 - 14%) (fig. 1.6), la cui rigenerazione solitamente si inizia ad apprezzare nei primi giorni di ospedalizzazione grazie alla presenza di reticolocitosi. Comunemente l’IMHA è infatti un tipo di anemia estremamente rigenerativa; tuttavia, talvolta può accadere che la risposta immunitaria sia diretta, oltre che verso le cellule eritroidi mature, anche verso precursori eritroidi presenti a livello di midollo osseo, producendo come risultato una anemia non rigenerativa (NRIMHA).

L’anemia in corso di IMHA è accompagnata solitamente da una marcata neutrofilia e left shift (reazione leucemoide, influenzata dall’immissione in circolo di neutrofili immaturi, i neutrofili banda) e monocitosi.

La conta piastrinica è adeguata nella IMHA canina, ma in corso di CID, tromboembolismi e trombocitopenie immunomediate può verificarsi una notevole riduzione della concentrazione piastrinica, con una conta che arriva al di sotto di 50 x 109/L nel 20% dei cani con IMHA.

La valutazione dello striscio ematico risulta fondamentale nel sospetto di un’anemia emolitica e può consentire di individuare alterazioni morfologiche eritrocitarie caratteristiche dei processi emolitici (corpi di Heinz, sferociti, eccentrociti, cheratociti, acantociti, schistociti, ghost cell) o microrganismi eventualmente responsabili di un’IMHA associativa (Babesia spp, Anaplasma spp, Micoplasmi spp. ecc). Dall’esame microscopico si evincono inoltre altri rilievi importanti dell’IMHA canina, vale a dire la policromasia, l’anisocitosi e l’eventuale presenza di eritrociti nucleati.

Gli sferociti sono residui di globuli rossi che hanno perso il pallore centrale e la forma discoidale, appaiono quindi più piccoli, scuri e più spessi; essi sono rilasciati in circolo dopo che i fagociti mononucleati hanno contribuito a eliminare le membrane cellulari dell’eritrocita ricoperte da anticorpi. Un elevato numero di sferociti (≥ 5 per campo ad alta risoluzione, x 100) può essere considerato patognomonico per l’IMHA secondo alcuni autori.

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Agglutinazione su vetrino di emazie in corso di IMHA

Profilo biochimico: I parametri biochimici spesso riflettono l’emolisi, la disidratazione e il danno ipossico a carico dei vari organi. L’alterazione biochimica più frequentemente riportata nei cani con IMHA è l’iperbilirubinemia. Sebbene gran parte della bilirubina abbia origine pre-epatica (emolitica), l’ipossia epatica e il danno epatocellulare farmaco indotto possono contribuire all’aumento dell’attività dell’ALP, dell’ALT e dell’AST, oltre che della bilirubina stessa. 

Comunemente il processo infiammatorio acuto secondario alla patologia immunomediata porta ad un innalzamento della CRP e ad una possibile ipoalbuminemia riscontrabile anche a seguito di una compromissione epatica.

Nei pazienti colpiti da forme più gravi di IMHA, si può osservare un’azotemia pre-renale. L’azotemia può essere associata ad ischemia renale, CID o alla risposta infiammatoria sistemica che può instaurarsi.

Infine, per quel che riguarda il profilo sideremico, la sideremia, così come anche la ferritina sierica, è solitamente aumentata nelle anemie emolitiche.

Profilo coagulativo: In corso di IMHA le alterazioni emostatiche più frequenti sono riconducibili allo sviluppo di coagulopatie complesse (come la CID). 

Nei cani con IMHA, infatti, si possono evidenziare: un aumento del PT (tempo di protrombina) e dell’aPTT (tempo parziale di tromboplastina attivata), una bassa concentrazione del fibrinogeno, un aumento dei D-Dimeri e dei prodotti di degradazione della fibrina e la diminuzione dell’ATIII (attività dell’antitrombina). Dal momento che il fibrinogeno è una proteina di fase acuta positiva, si può anche trovare aumentato in corso di IMHA.

Esame delle urine: All’esame chimico fisico delle urine il reperto più comunemente riscontrabile è la pigmenturia, in particolare bilirubinuria ed emoglobinuria. Nei soggetti con emolisi intravascolare, è evidente emoglobinuria associata a colorazione rosso scuro delle urine che persiste anche dopo la centrifugazione. La bilirubinuria, che è più frequente, si associa ad urine arancionate anche dopo centrifugazione ed è caratteristica dei cani con emolisi extravascolare; essa comunemente precede l’iperbilirubinemia clinica (ittero).

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Pigmenturia

Test diagnostici specificiQuesti test identificano una distruzione degli eritrociti ad opera di un meccanismo immunomediato:

  • Autoagglutinazione microscopica con soluzione fisiologica: per evitare false positività, l’autoagglutinazione deve essere distinta dalla formazione di rouleaux, conglomerati di globuli rossi impilati come monete, che si sviluppano inseguito a processi non immunologici e soprattutto a basse temperature. La differenziazione si ottiene aggiungendo alla goccia di sangue un dato volume di soluzione salina. Il preparato viene poi osservato al microscopio e, in seguito alla procedura descritta i rouleauxsi disperderanno, mentre gli agglutinati, o rosette, di globuli rossi continueranno ad essere visibili. Il rapporto fra soluzione salina ed eritrociti differisce fra i vari protocolli utilizzati, tuttavia il testdi microagglutinazione raggiunge una specificità del 100% quando viene messa a contatto una goccia di sangue con 4 di soluzione fisiologica (rapporto 1:4). Il lavaggio delle emazie può essere altresì utile nei casi di marcata iperprotidemia (es. leishmaniosi, mieloma multiplo, gravi stati infiammatori ecc.) o aumento della concentrazione del fibrinogeno; 
  • Test di Coombs (DAT): è una prova specie specifica, individua le immunoglobuline e il complemento legati alla membrana eritrocitaria. Tuttavia, neanche questo test è in grado di differenziare fra IMHA idiopatica ed associativa.Il test, la cui sensibilità varia tra 61% – 82% e la specificità tra 94% - 100%, si effettua su un campione di sangue EDTA a 37°C e a 4°C, prevede dei lavaggi ripetutidelle emazie e richiede l’utilizzo di reagenti specie-specifici e anticorpi antiglobuline estratti da altre specie (soprattutto coniglio). Solitamente si impiegano reagenti di Coombs polivalenti, che contengono cioè IgG, IgM e complemento, ma si possono utilizzare anche reagenti monospecifici, diretti contro singole immunoglobuline o complemento. Il reagente si aggiunge alle emazie precedentemente lavate e centrifugate; l’esito del test si evidenzia attraverso diverse tecniche che rilevano il legame degli anticorpi o del complemento ai globuli rossi (agglutinazione): piastre di microtitolazione, test su provetta e il gel test. Attraverso diluizioni seriali è altresì possibile stabilire il titolo di ogni reazione. Inoltre, in molti laboratori il test di Coombs è eseguito mediante una tecnica che non valuta l’autoagglutinazione ma si basa sull’eventuale positività ad una reazione immunocromatografica su apposite strisce, ove le emazie rivestite dagli anticorpi migrano e si legano ad una banda rivestita da immunoglobuline;
  • Citofluorimetria: Un ulteriore esame che può essere utilizzato è la citofluorimetria che identifica gli anticorpi adesi ai globuli rossi. Questa metodica è limitata dalla scarsa disponibilità dell’attrezzatura, ma ha una buona sensibilità e specificità se comparata al test di Coombs. Il test citofluorimetrico è in grado di fornire risultati quantitativi che potrebbero essere sfruttati per la valutazione della risposta terapeutica nel paziente in terapia.

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Autoagglutinazione microscopica con soluzione fisiologica in un cane con IMHA

Diagnostica collaterale: Come già accennato, una volta confermata la malattia bisogna evidenziare eventuali cause, comorbidità o malattie sottostanti, tramite test aggiuntivi come la diagnostica per immagini e i test per la ricerca di agenti eziologici. 

L’ecografia dell’addome e le radiografie toraciche vengono eseguite per la ricerca di eventuali neoplasie, in particolar modo quelle emolinfoproliferative che possano essere dei trigger per l’instaurarsi dell’IMHA. In tal senso, può essere anche presa in considerazione la citologia di organi addominali come fegato e milza.

Per ciò che concerne le malattie infettive, sono necessari test per la ricerca di: Erlichia canis e Anaplasma phagocytophilum, Leishmania spp. e Babesia spp. o altri agenti eziologici in relazione all’anamnesi ambientale del paziente.

6. TERAPIA

Il trattamento dell’IMHA canina ha tre importanti obiettivi: l’immunosoppressione, la prevenzione delle maggiori complicazioni (soprattutto tromboembolismi) ed il supporto del paziente durante la fase acuta delle crisi emolitiche. È molto importante, inoltre, individuare e trattare le eventuali malattie sottostanti al fine di ridurre l’utilizzo degli immunosoppressori.

6.1 IMMUNOSOPPRESSIONE

I farmaci immunosoppressivi rappresentano la chiave per il management dell’IMHA canina. La terapia immunosoppressiva si basa sovente sull’uso di glucocorticoidi (farmaci d’elezione) il cui scopo è quello di portare ad una immunomodulazione che limiti l’eritrofagocitosi e la produzione di autoanticorpi diretti verso gli antigeni eritrocitari. I farmaci di prima scelta nel trattamento sono il prednisone o il prednisolone ad alti dosaggi, farmaci con rapida insorgenza d’azione ed effetti avversi limitati. La via di somministrazione può essere per via orale (OS), sottocutanea (SC) o endovenosa (EV), in caso di animali con vomito o problematiche gastroenteriche, la via di somministrazione per OS deve essere evitata.

Secondo quando riportato nell’ultimo consensus sul trattamento dell’IMHA pubblicato da Swann et al. del 2019, l’uso dei glucocorticoidi nell’IMHA viene raccomandato ad un dosaggio immunosoppressivo corrispondente a 2-3 mg/kg/die o 50-60 mg/m2/die PO (per via orale). I corticosteroidi possono essere scalati del 25% se, dopo 2 settimane dall’inizio della terapia immunosoppressiva, il valore di PCV rimane stabile sopra il 30%, con miglioramento di altri parametri come la concentrazione della bilirubina sierica, sferocitosi o autoagglutinazione. Se contestualmente fosse stato introdotto un farmaco immunosoppressivo di seconda linea, la riduzione del glucocorticoide utilizzato potrebbe essere maggiore (25-50%). 

Qualora il valore del PCV rimanesse stabile al di sopra del 30%, il dosaggio dei corticosteroidi dovrebbe essere ridotto del 25% ogni 3 settimane per una durata del trattamento di 3-6 mesi. 

Nel lungo periodo, gli effetti indesiderati a cui gli animali possono andare incontro includono iperadrenocorticismo iatrogeno, poliuria e polidipsia, alopecia, soppressione surrenalica, ulcere gastriche, insulino-resistenza con diabete mellito secondario, infezioni secondarie, atrofia muscolare, aumento di peso e ritardata cicatrizzazione delle ferite.

 Dal momento che i farmaci corticosteroidei spesso presentano numerosi effetti avversi, per cercare di diminuire il loro dosaggio e contemporaneamente portare ad una risposta immunosoppressiva più rapida soprattutto nel corso di gravi forme emolitiche intravascolari, sono stati introdotti farmaci immunosoppressivi di seconda linea. Purtroppo, non c’è molta evidenza scientifica riguardante il loro dosaggio ed il loro utilizzo e mancano informazioni definitive riguardanti l’efficacia di queste molecole in associazione ai glucocorticoidi in corso di IMHA. Gli immunosoppressori di seconda linea maggiormente utilizzati nell’IMHA canina sono: micofenolato mofetile, ciclosporina ed azatioprina.

  • Ciclosporina: La ciclosporina è un potente farmaco immunomodulatore la cui azione principale consta nell’inibizione dell’attivazione dei linfociti T. Nel trattamento dell’IMHA, la ciclosporina è utilizzata in associazione con i glucocorticoidi, viene somministrata per via orale (PO), quindi risente dell’assorbimento del cibo e di quello intestinale, motivo per cui è opportuno somministrare il farmaco 2 ore prima dei pasti. Per avere una concentrazione terapeutica efficace, può essere utile dosare la concentrazione del farmaco nel sangue che dovrebbe essere almeno 500ng/ml a 12h dalla somministrazione (Gregory, 2014). Il dosaggio da utilizzare, secondo il consensus sul trattamento dell’IMHA di Swann et al. del 2019, è 5 mg/kg PO ogni 12h, la rilevanza scientifica di tale dato è comunque ad oggi abbastanza bassa. Gli effetti collaterali del farmaco includono disturbi gastroenterici, predisposizione ad infezioni, papillomatosi, iperplasia gengivale, aumentato del ricambio del pelo;
  • Micofenolato mofetile: La sua azione è quella di inibire i linfociti T e B e reversibilmente l’enzima inosina monofosfato deidrogenasi (IMPDH). Per il trattamento della patologia in esame, il dosaggio del micofenolato mofetile consigliato è 8–12 mg/kg PO ogni 12h. La somministrazione di micofenolato mofetile dovrebbe essere monitorata attraverso un emocromo completo ogni 2-3 settimane per il primo mese, successivamente ogni 2-3 mesi fino a interruzione del trattamento. Alcuni effetti collaterali riportati includono emorragie gastroenteriche, diarrea, anoressia ed effetto antifibrotico;
  • Azatioprina: La sua azione è quella di interferire nella sintesi delle purine, alterando così la proliferazione, e conseguentemente anche il numero, di linfociti e dei monociti, nonché la sintesi di anticorpi. In riferimento all’IMHA, il dosaggio di riferimento è 2 mg/kg o 50 mg/m2. Dopo 2-3 settimane, l’intervallo tra la somministrazione può essere ampliato a giorni alterni fino all’interruzione del trattamento. Se viene utilizzata azatioprina dovrebbe essere valutata la biochimica sierica e un emocromo completo ogni 2 settimane per i primi 2 mesi, poi ogni 1-2 mesi fino a interruzione del trattamento. Tra gli effetti indesiderati della terapia sono descritti vomito, diarrea e mielosoppressione reversibile, meno frequentemente necrosi epatiche e pancreatiti.

Qualora non sia sufficiente la somministrazione di uno dei farmaci precedentemente descritti, si può optare per la somministrazione di Ig ad uso umano (dosaggio consigliato: da 0,25 a 1,5 g/kg in 6-12 h per infusione EV) oppure, vengono considerate opzioni rescue, l’utilizzo di un terzo immunosoppressore o la splenectomia (allo scopo di ridurre l’eritrofagocitosi). Non esiste, tuttavia, ad oggi, adeguata evidenza scientifica su questi ultimi approcci terapeutici citati.

Per quel che riguarda l’immunosoppressore di seconda linea utilizzato, per la sua gestione viene consigliata la somministrazione della solita dose di farmaco per 4-8 settimane dopo la sospensione dei corticosteroidi e successivamente sospendere la terapia oppure scalare la terapia allo stesso modo dei glucocorticoidi.

Nei casi di recidiva iperacuta della patologia è consigliabile tornare al dosaggio di corticosteroidi iniziale, qualora invece la recidiva fosse più graduale, si può provare a tornare al dosaggio precedente. Se la recidiva si presentasse dopo la sospensione delle terapie, si dovrebbe tornare nuovamente al trial diagnostico per l’IMHA e, una volta raggiunta la diagnosi, devono essere impostati nuovamente i dosaggi iniziali di glucocorticoidi.

6.2 PREVENZIONE RISCHIO TROMBOTICO

La trombosi è una formazione patologica di coaguli all’interno di un vaso sanguigno arterioso o venoso. I trombi arteriosi sono dati dall’attivazione piastrinica in condizioni di flussi elevati, i trombi venosi si formano a seguito dell’attivazione della coagulazione in vasi sanguigni con flussi più moderati. Negli animali con IMHA, questa patologia è una complicanza comune e rappresenta la principale causa di decesso. Studi condotti in sede necroscopica su cani con IMH, hanno riscontrato segni riferibili a coagulopatie nel 73% dei pazienti, suggerendo una prevalenza della malattia maggiore di quella diagnosticata clinicamente. Essendo una complicanza così comune, è importante, quindi, attuare un trattamento profilattico atto ad evitare l’insorgenza della patologia.

Attualmente, le opzioni terapeutiche a disposizione prevedono una terapia anticoagulante e antiaggregante. Come anticoagulante viene utilizzata l’eparina (non frazionata o a basso peso molecolare), farmaco la cui azione si esplica nel legarsi all’antitrombina migliorandone l’attività, portando all’inibizione della coagulazione, utilizzata per la prevenzione di trombosi venose e tromboembolismi polmonari. Per il trattamento della patologia in esame viene utilizzata preferibilmente eparina non frazionata in bolo 100 U/kg IV poi 900 U/kg/die o SC con somministrazioni di 150-300 U/kg ogni 6 ore; la posologia deve essere successivamente adattata valutando il fattore Xa o l’apTT.

I farmaci antiaggreganti utilizzati per la prevenzione di trombosi arteriose sono il clopidogrel e l’acido acetilsalicilico che invece agiscono sull’aggregazione piastrinica. Il dosaggio consigliato dell’acido acetilsalicilico è molto basso (0,5 mg/Kg per via orale ogni 24 ore).

Il clopidogrel invece, viene utilizzato con una posologia di 1,1-4 mg/kg PO una volta al giorno.

Secondo il consensus sul trattamento dell’IMHA di Swann et al. del 2019, i cani con IMHA devono essere trattati con questi farmaci solo se la conta piastrinica è maggiore di 30000/μL.

Questo protocollo di profilassi antitrombotica deve essere somministrato con particolare attenzione durante le prime due settimane dall’insorgenza dell’IMHA, quando si ha il massimo rischio mortalità dovuta anche alla formazione di trombi venosi. 

6.3 TERAPIE DI SUPPORTO

Negli animali affetti da IMHA, la sola somministrazione di ossigeno per combattere l’ipossiemia ha una utilità limitata e risulta più efficace una trasfusione di emazie concentrate (pRBC, packed red blood cells) o sangue intero.

Per la tipizzazione del gruppo sanguigno (necessaria per una trasfusione sicura ed efficace) le metodiche migliori sono quelle immunocromatografiche. 

Il trattamento trasfusionale con pRBC è consigliato quando il paziente manifesta segni clinici riferibili ad un danno da ipoperfusione, per cui è importante fornire al soggetto emazie fresche, capaci di trasportare ossigeno. È necessario, quindi, un attento monitoraggio sia dei segni clinici, che di alcuni parametri di perfusione come la determinazione dei lattati ematici. Occorre anche ricordare che data la presenza elevata di anticorpi anti RBC nel sangue del cane, gran parte del volume di emazie trasfuso potrà essere emolizzato. Il trattamento trasfusionale consigliato prevede l’utilizzo di pRBC fresche (idealmente processate da non più di due settimane); qualora non fossero disponibili, può essere utilizzato sangue intero. Viene invece sconsigliato il derivato sintetico dell’Hb a causa del suo forte potere oncotico e di alcuni suoi effetti avversi sul sistema cardiovascolare. L’utilizzo di plasma fresco congelato in routine non è consigliato fino a che non siano presenti chiari segni di CID associati a diatesi emorragica.

La somministrazione di farmaci gastroprotettori (raccomandati gli inibitori della pompa protonica) è fortemente consigliata nel momento in cui si rendono evidenti segni di emorragie gastrointestinali o quando sono presenti fattori di rischio riguardanti il loro sviluppo.

Per quel che riguarda invece l’utilizzo di antibiotici, diventa importante l’anamnesi del paziente (localizzazione geografica, viaggi, stile di vita ecc.). In questi cani, vista spesso l’impossibilità di testare tutte le malattie infettive, ed in presenza di elevato sospetto o esposizione, si può scegliere di impostare una profilassi antibiotica tramite l’utilizzo di farmaci (come la doxiciclina).

7. PROGNOSI

Le prime due settimane successive alla diagnosi di IMHA sono quelle a più alto rischio di mortalità. Molti dei decessi hanno come causa tromboembolismo, insufficienza renale o insufficienza epatica. La mortalità a 30 giorni dalla diagnosi era del 32,6% in uno studio Goggs e colleghi del 2015. Il tasso di sopravvivenza ad un anno era, invece, di circa il 65-75% in uno studio di Piek del 2017. 

In questa patologia, alcuni dei cani trattati con terapie immunosoppressive e di supporto adeguate, mostrano miglioramenti eccellenti con rapide risposte cliniche e miglioramento del valore ematocrito che può tornare all’interno dell’intervallo di riferimento in 3-4 settimane. Gli animali che hanno questa rapida risposta a trattamenti con glucocorticoidi e riescono a mantenere un valore ematocrito >30%, normalmente hanno una maggiore possibilità di sopravvivenza sul lungo periodo.

In circa il 60% dei cani è possibile interrompere la terapia medica dopo una lenta riduzione dei farmaci immunosoppressori. Animali nei quali sono presenti o persistenti autoagglutinazione, marcata trombocitopenia, grave leucocitosi o necessitano di molti farmaci per il controllo della malattia hanno invece una prognosi riservata.

Diversi studi hanno provato a identificare dei fattori prognostici negativi riguardati i cani affetti da IMHA. L’aumento della bilirubina sierica e dell’urea risultano essere i più comuni a diversi studi.

La recidiva di IMHA è un evento che può verificarsi a distanza di mesi o anni dall’episodio iniziale e colpisce almeno il 12% dei soggetti a 5 anni dalla guarigione. Un recente studio retrospettivo di Weingart e colleghi del 2019, ha riscontrato invece una percentuale di recidive maggiore (22,9%), di cui il 16% a distanza di almeno un anno dalla diagnosi. Anche in questo studio è stato confermato un range di manifestazione variabile da pochi mesi fino a qualche anno dalla prima comparsa della patologia. In ogni caso i pazienti che guariscono dalla patologia, dovranno essere necessariamente sottoposti a controlli a vita. Durante il trattamento dovrebbe essere fatto almeno un PCV ogni 2 settimane. Dopo la sospensione delle terapie, questo controllo deve essere dilazionato idealmente ogni 6-12 mesi. Come già trattato precedentemente, le vaccinazioni dovrebbero essere fatte solo quando necessario, valutando attentamente rischi e benefici.

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