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Parodontite (malattia parodontale) del cane e del gatto

  • Disciplina: Odontostomatologia
  • Specie: Cane e Gatto

Con il termine di malattia parodontale (parodontite, periodontite, parodontopatia, piorrea) comprendiamo diverse situazioni patologiche: la gengivite e la parodontite, che viene a sua volta classificata in vari gradi. La malattia parodontale è probabilmente la patologia che più frequentemente riscontriamo nei carnivori domestici, ne sono affetti oltre l’ottanta percento dei cani ed è largamente diffusa anche nella popolazione felina (Fig. 1).

Non tutti i soggetti sono colpiti in eguale misura, esiste infatti una predisposizione individuale a sviluppare questa patologia ed è stata appurata una predisposizione legata lla razza ed alla taglia dell’animale; ad esempio, nei cani sono più colpiti  quelli di piccola taglia o di razza toy (es. Yorkshire terrier, Maltesi, ecc.) ed i cani brachicefali (es. Carlini). I normali meccanismi di difesa presenti nei soggetti sani (integrità dell’epitelio, azione dilavante della saliva, movimenti della lingua e delle labbra, masticazione, azione di sostanze batteriostatiche e battericide del fluido gengivale, ecc.) tengono sotto controllo la placca batterica, che si accumula sulla superficie dei denti, nel solco gengivale e sulla gengiva. Quando questi meccanismi non funzionano o funzionano solo parzialmente, si instaura la malattia parodontale, che è una patologia cronica, ricorrente e in continua progressione (Fig. 2).

EZIOLOGIA E PATOGENESI
La malattia parodontale riconosce un’eziologia batterica, la risposta dei tessuti alla presenza patologica dei batteri, che si accumulano sui denti e nel solco gengivale, si causa una reazione infiammatoria della gengiva e del solco gengivale (gengivite) oppure di tutte le strutture che supportano il dente (parodontite) (Fig. 3).

L’eziologia batterica della malattia parodontale non riconosce un’unica specie batterica, nel cavo orale sono state identificate più di 400 specie diverse nella sola placca, alcune di queste, per lo più anaerobi della flora batterica sottogengivale (Porphyromonas, Prevotella, Peptostreptococcus, Spirocheta e Fusobacterium) sono considerati i responsabili della patologia. Nell’eziologia della malattia intervengono fattori locali, per lo più placca e tartaro, che sono i veri responsabili della malattia, e fattori sistemici, che possono predisporre il parodonto all’insorgenza o all’aggravarsi della malattia parodontale. Oltre alla presenza di placca e tartaro, sono riconosciuti fattori locali legati a quantità e composizione della saliva, respirazione orale di certe razze (es. brachicefali), malocclusioni, persistenza dei denti decidui e forme infiammatorie del cavo orale; mentre, tra i fattori sistemici, oltre alla già citata ereditarietà, riconosciamo le gravi malattie sistemiche, le disfunzioni endocrine, le alterate risposte immunitarie, l’alimentazione e, non ultima, l’età. Le fasi acute della malattia sono caratterizzate da una risposta infiammatoria con predominanza di neutrofili e dalla conseguente formazione di essudato purulento (ascesso dentale) (Fig. 4); se il pus trova una via di drenaggio (fistola dentale), la malattia tende ad entrare nella fase cronica, contraddistinta dalla presenza di linfociti e plasmacellule. L’alternarsi delle fasi acute a quelle croniche comporta la progressiva distruzione delle strutture parodontali (Fig. 5), che rimangono spesso indiagnosticate, perché i danni maggiori sono a carico dell’osso alveolare e, quindi, non visibili.

In corso di malattia parodontale possiamo individuare:

  • Pellicola: è uno strato protettivo sulla superficie del dente, formato da saliva e detriti. (favorisce l’adesione dei batteri, ma la sua presenza è normale).

  • Placca: è costituita da una matrice glicoproteica in cui sono immersi i batteri; se non è evidenziata, in genere, non è visibile; provoca alitosi e può essere eliminata con l’uso quotidiano dello spazzolino e del dentifricio.

  • Tartaro: è il prodotto della mineralizzazione della placca, principalmente costituito di sali di calcio e fosforo. L’apporto dei sali di calcio è dato principalmente dalla saliva, quindi, la deposizione di tartaro sarà maggiore in corrispondenza degli sbocchi delle ghiandole salivari (ultimi premolari e molari dell’arcata superiore). Il tartaro, pur rivestendo un ruolo di minor importanza nella patogenesi delle parodontiti, con la sua superficie irregolare, fa sì che la placca aderisca meglio. L’uso quotidiano dello spazzolino e del dentifricio non rimuove in maniera efficace il tartaro, per asportarlo completamenteè necessario un intervento d’igiene professionale.

  • Macchie: sono costituite da una sottile pellicola di proteine, di colore giallo – marrone, difficile da rimuovere. La loro presenza, per quanto antiestetica, non riveste particolare motivo di preoccupazione in medicina veterinaria.

  • Gengivite: con l’esclusione dei casi in cui lo stimolo infiammatorio provoca iperplasia gengivale o epulidi, la gengivite è una patologia reversibile dove non si notano lesioni dell’osso alveolare. Se non trattata, la gengivite evolve in parodontite a causa della migrazione dei batteri, presenti nel solco gengivale, verso l’apice; man mano che la lesione raggiunge i tessuti più profondi, il gradiente di O2 diminuisce e, di conseguenza, tendono a prevalere i batteri anaerobi, responsabili della trasformazione da tasca gengivale a parodontale.

  • Parodontite: a differenza della gengivite, è una condizione patologica irreversibile, caratterizzata da migrazione dell’attacco epiteliale, distruzione del legamento alveolo-dentale e perdita di tessuto osseo.

CLASSIFICAZIONE DELLA MALATTIA PARODONTALE
Delle molte classificazioni esistenti, ne viene riportata una che risulta facilmente applicabile nella pratica ambulatoriale.

  • Gengiva clinicamente sana: se non pigmentata, è di colore roseo, il sondaggio del solco gengivale è normale (< 3 millimetri nel cane, < 0,5 mm nel gatto), durante il sondaggio non c’è sanguinamento e non si nota la presenza di placca o di tartaro.

  • Gengivite: la gengiva appare arrossata, il sondaggio del solco gengivale riferisce una misurazione normale, ma provoca facilmente sanguinamento. Non si nota la presenza di placca o tartaro.

  • Gengivite cronica: anche in questo caso la profondità al sondaggio delle tasche parodontali è normale, ma la gengiva arrossata presenta un’infiammazione cronica dovuta alla presenza di placca e tartaro (Figg. 6 e 7). L’alitosi è un sintomo costante di questa condizione patologica che può persistere indefinitamente nel tempo oppure evolvere in parodontite (condizione irreversibile).

  • Parodontite moderata: questo termine non deve far pensare che si tratti di uno stadio benigno della malattia: tutte le forme di parodontite devono essere considerate pericolose per la salute del paziente. L’infiammazione delle gengive è moderata o grave, il sondaggio delle tasche riporta valori nettamente superiori alla norma (< 7 millimetri nel cane, < 2 mm nel gatto) (Fig. 8), si assiste alla perdita dell’attacco dentale (PAL) inferiore o uguale al 50%. La placca si estende sino al solco gengivale, mentre il tartaro può essere sia sopragengivale che sottogengivale. La mobilità dei denti è visibilmente aumentata (sino a 0,5 mm di oscillazione laterale) e il sanguinamento, provocato o spontaneo, è sempre presente. Radiologicamente, si apprezzano fenomeni di riassorbimento che arrivano sino al 50% dell’osso alveolare attorno al dente (Fig. 9).

  • Parodontite grave: l’infiammazione delle gengive è, in genere, grave, il sondaggio delle tasche riporta valori elevati (> 7 millimetri nel cane, > 2 mm nel gatto), si assiste a una perdita dell’attacco dentale (PAL) superiore al 50%. La placca eccede nel solco gengivale, mentre il tartaro abbonda sia sopra che sotto la gengiva (Fig. 10). PARODONTITE10

  • La mobilità dei denti va da 1 mm di oscillazione laterale sino a valori che rendono il dente non funzionale. Il sanguinamento, provocato o spontaneo, è sempre presente. Radiologicamente, si apprezzano fenomeni di riassorbimento che eguagliano o superano il 50% dell’osso alveolare attorno alla radice. Gli elementi dentali colpiti da parodontite grave (Fig. 11)  devono essere estratti.

STRATEGIE DIAGNOSTICO/TERAPEUTICHE
Data la complessità della malattia e dai vari gradi di gravità della stessa è particolarmente importante adottare un piano d’indagine rigoroso e di un piano di trattamento adeguato al grado di malattia rilevato:

Diagnosi Trattamento
  • Anamnesi
  • Visita clinica
  • Valutazione parodontale e compilazione della relativa scheda
  • Indagine radiologica
  • Detartrasi sopra e sotto–gengivale e lucidatura
  • Estrazioni dentali
  • Chirurgia parodontale di “salvataggio”
  • Splintaggi
  • Altro

DIAGNOSI
Il rispetto rigoroso dell’iter diagnostico permette di stadiare la malattia in maniera precisa, di emettere una prognosi e di formulare un piano terapeutico.

  • Anamnesi: per mezzo di essa valutiamo il paziente, la sua alimentazione, le patologie sistemiche e dentistiche passate e presenti, i vizi comportamentali e le terapie subite.
  • Segnalamento: durante il segnalamento, alcuni dati devono essere tenuti in particolare considerazione: specie, età, razza e taglia che influiscono sullo sviluppo della malattia parodontale.
  • Esame obiettivo generale: è volto ad appurare lo stato di salute generale del paziente, particolarmente utile per valutare la praticabilità di un’eventuale anestesia generale.
  • Esame obiettivo particolare con il paziente non sedato: si valutano asimmetrie facciali, tragitti fistolosi, (Fig. 12), scolo di fluidi dal cavo orale; anche l’osservazione della prensione e della masticazione, quando possibile, offre utili informazioni. Per ultimo, se il soggetto è mansueto, si effettua un’ispezione completa del cavo orale.
  • Esame obiettivo particolare con il paziente sedato o in anestesia generale.
    • Con l’esame visivo si valutano l’indice di placca, di gengivite e di tartaro. A volte il tartaro, pur essendo presente, non è particolarmente visibile, in questi casi è possibile evidenziarlo asciugando il dente con un delicato getto d’aria; quando, invece, il tartaro è tanto abbondante da coprire la gengiva, si rende necessaria la sua rimozione meccanica per visualizzare i tessuti sottostanti e per eseguire correttamente il sondaggio delle tasche parodontali (Fig. 8).
    • Per determinare la profondità delle tasche gengivali, il sanguinamento delle stesse e la consistenza del tessuto gengivale si utilizza la sonda parodontale. La profondità rilevata dalla sonda è ritenuta normale quando non supera i 3 millimetri nel cane ed i 0,5 -1 millimetro nel gatto. I valori ottenuti devono essere messi in relazione alla razza e alle variazioni patologiche dell’altezza della gengiva aderente, quali l’iperplasia o la retrazione gengivale (Fig. 13).PARODONTITE13
    • La mobilità dentale è stimata utilizzando il manico della sonda. La valutazione della forcatura dentale è effettuata con una sonda appuntita.
  • Indagine radiologica: consente la valutazione dei tessuti normalmente ricoperti dalle gengive e dalle mucose, non questo mezzo possiamo accertare arrotondamenti della cresta alveolare a livello della giunzione smalto-cemento, ampliamenti dello spazio parodontale (Figg. 14, 15, 16, 17, 18), erosione della lamina dura, lisi dell’osso perialveolare, erosione della cresta alveolare e presenza di ascessi.
  • Citologia e biopsia: devono essere eseguite ogni volta che durante l’indagine del parodonto si notano masse oppure tessuti infiammati.


PARODONTITE16PARODONTITE17 (2)PARODONTITE18

TERAPIA
Terapia farmacologica

Antibiotici. Indipendentemente dalla ragione che porta a somministrare antibiotici per tentare controllare le patologie orali, la scelta dei principi attivi deve essere basata sulla valutazione della natura e severità della patologia in atto, sulla conoscenza della flora batterica presente in quella situazione patologica e su esami di laboratorio volti ad identificare le specie di anaerobi percentualmente più rappresentati. Un uso profilattico degli antibiotici può risultare utile negli animali immunodepressi, con insufficienze metaboliche e/o organiche, nei cardiopatici e in tutte le situazioni in cui la batteriemia, indotta dalla patologia parodontale, può predisporre allo sviluppo di malattie sistemiche. Inoltre tale utilizzo può essere consigliato nei casi di esposizione di tessuto sano. Il trattamento chirurgico delle parodontopatie, mediante l’ablazione del tartaro sopra e sottogengivale, gli interventi di chirurgia parodontale, le estrazioni dentali ed altre condizioni possono essere, a volte, associate ad una terapia antibiotica, che contempli comunque la possibilità dell’insorgenza di fenomeni indesiderati (come la resistenza batterica o le superinfezioni).

Nonostante la malattia parodontale sia caratterizzata da un’infiammazione sostenuta da batteri, la terapia antibiotica è ben lungi dall’essere curativa, anzi, spesso non è necessaria, se non addirittura controindicata, se decidiamo di utilizzare questi chemioterapici, è necessario sceglierli sulla base di prove cliniche, confortate dall’esecuzione di test microbiologici prima e dopo il trattamento.

Disinfettanti. Trattamenti locali possono essere eseguiti con Clorexidina alla concentrazione dello 0,12–0,06 % dopo la spazzolatura con spazzolino e dentifricio. L’eventuale ingestione da parte del paziente di principio attivo non deve allarmare particolarmente, perché la DL50 orale è molto alta (1800 mg/Kg nel topo). E’ possibile utilizzare dosaggi più elevati (0,5%) per la preparazione del campo operatorio prima dei trattamenti dentistici. Rimane comunque incontrovertibile che la clorexidina da sola non è in grado di controllare tutte le situazioni di infiammazione del cavo orale, ma può comunque coadiuvare trattamenti medico – chirurgici.

Altri farmaci. Nel tentativo di controllare le patologie orali si possono somministrare molti farmaci, ma pochi di questi hanno dimostrato una sicura efficacia e l’assenza di gravi effetti collaterali .

Trattamento strumentale delle parodontopatie
Il trattamento strumentale delle parodontopatie deve rappresentare l’ultima azione di un programma concordato con il cliente, volto a consentire al paziente la miglior qualità di vita possibile. Non è solo il grado di parodontopatia che determina il trattamento, ma anche la disponibilità del proprietario a praticare le cure domiciliari (alimentazione, igiene orale, ecc.) al proprio animale che, dal canto suo, deve essere sufficientemente mansueto da sopportarle.

Le manualità utili alla risoluzione della malattia parodontale, variamente combinabili tra loro, sono molteplici e la loro corretta esecuzione, in genere, comporta un notevole impiego di tempo.

Courettage sottogengivale: la porzione di tartaro e placca che si forma al disotto della gengiva (tartaro subgengivale) è quella più difficile da eliminare e che più causa danni alla salute del cavo orale. Gli ablatori a ultrasuoni con appositi inserti sono indubbiamente il mezzo più rapido ed efficace per l’eliminazione del tartaro sub gengivale; in alternativa possono essere utilizzate le curette parodontali.

Ablazione del tartaro sopragengivale con pinze per estrazione e scaler: quando la quantità di tartaro è notevole, è possibile asportarne la maggior parte utilizzando le normali pinze per estrazione. Si afferra il blocco di tartaro tra le branche della pinza e se ne provoca la frattura con una lieve pressione. Il tartaro sopragengivale può essere eliminato con strumenti specifici, quali gli scaler. Questi strumenti hanno una parte lavorante che, con la sua sezione triangolare, mette a disposizione due robuste lame con le quali si asportano il tartaro e la placca sopragengivale.

Ablazione del tartaro sopragengivale con apparecchi ad ultrasuoni e lucidatura delle superfici trattate (Fig. 19): una delle manualità più frequenti in odontostomatologia veterinaria è la detartrasi ultrasonica per l’eliminazione del tartaro sopragengivale, quando lo smalto della corona viene a contatto con l’ablatore subisce dei danni (visibili solo con l’ausilio della microscopia elettronica). Si può porre rimedio a questa situazione lucidando la superficie del dente con le apposite paste che vengono applicate con manipolo per la profilassi dentale.

Ablazione del tartaro sopragengivale con ablatori a polvere: sfruttando l’uscita di una frusta del riunito, è possibile collegarvi uno strumento che miscela polvere di bicarbonato di sodio micronizzato con aria ed acqua che, uscendo in pressione, generano uno spray in grado di asportare la placca e il tartaro presenti sulla superficie del dente. Gli ablatori a polvere permettono di raggiungere ogni anfratto e, se usati con un angolo di incidenza di 30–60 gradi, di non provocare danni allo smalto.

PREVENZIONE E CONTROLLO DELLE PARODONTOPATIE

  • Alimentazione: è bene proporre alimenti con il giusto apporto di proteine, diete povere di proteine, infatti, non riducono la produzione di placca, mentre gli eccessi ne favoriscono l’aumento. Diete contenenti eccessi di minerali (calcio e fosforo) condizionano una maggior concentrazione di minerali nella saliva e, quindi, incidono sulla formazione di tartaro. Forma, consistenza, orientamento delle fibre e altri fattori fisici influiscono sulla formazione di placca e tartaro: sarà quindi necessario sconsigliare cibi collosi e promuovere invece quelli studiati per il mantenimento della salute del cavo orale.
  • Comportamento: un altro fattore da monitorare e correggere è costituito dai comportamenti anomali dei carnivori domestici, quali rosicchiare materiali duri (ossa, legni, ecc.) o fortemente abrasivi (palline da tennis, ecc.).
  • Cure domiciliari: il più importante ed efficace metodo di prevenzione delle patologie orali consiste nell’igiene orale quotidiana. La placca batterica non può essere rimossa che meccanicamente, con la spazzolatura dentale. L’igiene orale quotidiana deve essere attuata con strumenti adatti: la condizione ottimale sarebbe quella di praticare due trattamenti d’igiene orale con spazzolino e dentifricio per animali.

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