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Mielopatia degenerativa del cane

  • Disciplina: Neurologia
  • Specie: Cane

La Mielopatia Degenerativa (MD) è una malattia degenerativa del Sistema Nervoso a carattere progressivo e ingravescente, descritta per la prima volta nel 1973 nel Pastore Tedesco.  La malattia è stata nel tempo denominata anche “Mielopatia degenerativa del Pastore Tedesco”, “Mielopatia progressiva”, “Radicolomielopatia cronica degenerativa”. Sebbene sia osservata con particolare frequenza nel Pastore Tedesco, la MD è stata descritta anche in altre razze di cani, soprattutto di grossa taglia. Studi recenti hanno dimostrato che la MD colpisce anche cani di piccola taglia, come il Pembroke Welsh Corgi (PWC), presentando caratterizzazioni cliniche diverse da quelle classicamente riportatee verosimilmente riconducibili agli effetti di un più lungo decorso.

Per molti anni la MD è stata considerata una malattia che colpisce il sistema del motoneurone superiore e la propriocezione generale. Più recenti acquisizioni dimostrano che la MD è una malattia che presenta uno spettro clinico decisamente più ampio di quanto ritenuto comprendendo sia forme che coinvolgono il sistema del motoneurone superiore che quello del motoneurone inferiore.

SEGNALAMENTO
La MD, nei cani di grossa taglia, colpisce soprattutto adulti in un’età compresa tra i 5 e i 14 anni, ma è diagnosticata con una certa frequenza anche negli animali più giovani  e non mostra predilezione di sesso. Nel PWC  l’età mediana di comparsa della malattia è di 11 anni. Con il progredire delle conoscenze, la MD è stata confermata istologicamente in un numero sempre maggiore di razze. Al presente la MD è stata dimostrata nel Pastore tedesco,  Siberian Husky,  Miniature e Standard Poodle,  Boxer,  PWC,  Chesapeake Bay Retriever,  Rhodesian Ridgeback,  Bovaro del Bernese, Kerry Blue Terrier, Cardigan Welsh Corgi, Golden Retriever, Wire Fox Terrier, American Eskimo dog, Soft-coated Wheaten Terrier, Carlino e nei cani meticci.

EZIOPATOGENESI
A tutt’oggi l’eziologia della malattia è sconosciuta.  Numerosi sforzi sono stati effettuati per indagare le possibili correlazioni tra la malattia e meccanismi patogenetici immunomediati, metabolico-nutrizionali, genetici, legati allo stress ossidativo e all’eccitotossicità.  Alcune recenti scoperte a livello molecolare indicano che la MD può presentare meccanismi patogenetici  simili a quelli di alcune forme della Sclerosi Amiotrofica Laterale (LSA o Lou Gehrig Disease) descritta nell’uomo.

Nel recente passato, le ipotesi eziopatogenetiche più accreditate sono state quelle che hanno chiamato in causa carenze nutrizionali e meccanismi degenerativi immunomediati. In alcuni soggetti affetti da MD è stata riscontrata una concomitante enteropatia cronica con crescita abnorme di batteri nel piccolo intestino, malassorbimento e ridotti livelli ematici di tocoferoli (Vit. E) e cianocobalamina (Vit.  B12). La supplementazione con Vit.  B12 per via parenterale non ha modificato sostanzialmente il decorso clinico della malattia e, ad oggi,  il significato di questi risultati sembra essere molto poco chiaro. Alla luce di studi più recenti, anche la carenza di Vitamina E non appare rivestire un ruolo significativo nella patogenesi della malattia.

Un’altra ipotesi considera che la MD possa essere il risultato di un processo degenerativo immunomediato. Questa affermazione origina dai risultati ottenuti nei primi anni ’80 del secolo scorso da un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida. L’ipotesi immunomediata è stata supportata dal ritrovamento in cani affetti da MD di alterate risposte cellulomediate, di un elevato numero di linfociti “suppressor” e di immunocomplessi circolanti. Studi più recenti sui Pembroke Welsh Corgi (PWC) non hanno supportato i precedenti reperti e hanno ridimensionato  l’importanza di questa ipotesi che teorizzava che fenomeni immunomediati potessero produrre una patologia cronica  demielinizzante, in analogia con quanto avviene nella sclerosi multipla dell’uomo o nell’encefalomielite allergica sperimentale.

L’ipotesi di una causa genetica alla base della MD fu chiamata in causa già nel passato da alcuni autori, ma solo negli anni più recenti si è sostanzialmente consolidata, grazie alle rilevanti possibilità di indagine aperte dalle tecniche molecolari. E’ stata infatti recentemente individuata una correlazione stretta tra una mutazione, a livello del cromosoma 31, del gene che codifica la superossidodismutasi 1 (SOD-1), una delle proteine più rappresentate a livello di Sistema Nervoso Centrale (SNC) con funzioni di rimozione dei radicali liberi e lo sviluppo di MD. Negli studi effettuati su Pembroke Welsh Corgi, Pastore Tedesco, Chesapeake Bay retriever, Boxer e Rhodesian ridgeback, tutti gli animali sottoposti a indagine genetica e affetti da MD istologicamente confermata erano omozigoti per la mutazione della SOD-1 (GàA, a livello del nucleotide 118 con trasformazione dell’aminoacido 40 da acido glutamico a lisina). La presenza di alcuni soggetti, omozigoti per la mutazione ma senza segni clinici, induce a pensare che l’alterazione genetica sia caratterizzata da una penetranza incompleta età-dipendente.

Al presente, sebbene molte analogie a livello di sintomatologia, progressione e indagini genetiche suggeriscano che la MD possa essere un modello canino di SLA, rimangono molte differenze cliniche e anatomopatologiche tra le due malattie. Tra queste, la mancanza nella MD di segni di degenerazione e perdita di motoneuroni nelle corna ventrali del midollo spinale e la natura più diffusa dell’assonopatia, che coinvolge anche i tratti discendenti del sistema del motoneurone superiore e quelli ascendenti della  sensibilità esterocettiva e propriocettiva generale.

NEUROPATOLOGIA
A dispetto delle perplessità che ancora caratterizzano l’eziologia della malattia, gli aspetti neuropatologici delle lesioni del midollo spinale sono stati dettagliatamente descritti.  In generale, queste lesioni sono riconducibili ad una degenerazione assonale priva di aspetti francamente infiammatori. Le recenti acquisizioni sulle possibili analogie con la SLA dell’uomo, possono fornire interessanti chiavi di lettura per l’interpretazione dei quadri anatomopatologici. Al presente, la MD può essere considerata una assonopatia multisistemica centrale e periferica.

A livello del midollo spinale, le lesioni istologiche colpiscono le fibre di tutti i tratti ascendenti e discendenti in assenza di degenerazione o perdita del soma cellulare. Le lesioni sono caratterizzate da degenerazione assonale con frammentazione e scomparsa dell’assone associata ad alterazione della guaina mielinica (che si presenta rigonfia, spezzettata e attorniata da macrofagi) e ad astrogliosi.

La distribuzione longitudinale delle lesioni, che sembra variare con il perdurare della malattia,  è stata descritta nel Pastore tedesco come discontinua con aree multifocali di demielinizzazione e degenerazione assonale. Le alterazioni si possono rinvenire lungo tutto il midollo spinale, ma interessano con maggior severità le parti caudali del tratto toracico e quelle craniali del tratto lombare. Nel Pembroke Welsh Corgi le lesioni sembrano essere quantitativamente più severe che nei cani di grossa taglia, il che suggerisce la possibilità di una diversa espressione fenotipica della malattia fra le diverse razze. Le lesioni dei tratti ascendenti e discendenti dei funicoli laterali e delle vie ascendenti del funicolo dorsale rendono ragione del riscontro di una progressiva atassia e paraparesi. L’ulteriore estensione in senso cranio-caudale delle lesioni può far comprendere la comparsa di tetraparesi o di segni a carico del sistema del motoneurone inferiore.

La maggior parte degli autori esclude un interessamento delle strutture nervose intracraniche, anche se nei cani affetti da MD sono state documentate alterazioni di dubbio significato.

Nel pastore tedesco, lesioni analoghe a quelle del SNC sono state rinvenute in alcuni soggetti nelle radici dorsali dei nervi che afferiscono ai primi segmenti lombari, mentre le radici ventrali non mostravano segni di alterazioni patologiche. Sebbene la popolazione dei motoneuroni inferiori non sembri colpita da alterazioni evidenti, studi più recenti sul PWC mostrano (in quei soggetti affetti da MD con segni da motoneurone inferiore) un coinvolgimento neuromuscolare caratterizzato, a livello di nervo periferico, da degenerazione assonale e demielinizzazione secondaria e, a livello muscolare, da segni di atrofia neurogena.

PRESENTAZIONE CLINICA
La Mielopatia Degenerativa è una malattia caratterizzata da un esordio insidioso e da un decorso cronico progressivo che, negli stadi terminali, porta all’incapacità di deambulare del soggetto colpito. Sebbene il decorso della malattia sia invariabilmente progressivo e ad esito infausto, diversi autori riferiscono di periodi di fluttuazione nella gravità dei sintomi clinici, con momenti di relativa stabilizzazione del quadro clinico.

La malattia si caratterizza per le alterazioni della funzione propriocettiva degli arti posteriori e per lo sviluppo di una paraparesi spastica dovuta alla disfunzione del sistema del motoneurone superiore. Questo quadro clinico è quello tipicamente descritto per i cani di grossa taglia (video). L’ulteriore progressione della malattia, ben documentata in cani di taglia più piccola, comporta un progressivo coinvolgimento dei motoneuroni inferiori degli arti pelvici, nonché un interessamento degli arti toracici. In nessuna fase della malattia il cane presenta segni di dolore spinale.

Il decorso della malattia, dal momento in cui vengono riconosciuti i sintomi, viene quantificato in tempi diversi a seconda che siano colpiti cani di grossa o piccola taglia. Per i primi è descritto un decorso medio di 6 mesi, e la parte di questi soggetti viene di norma sottoposto ad eutanasia dopo non più di 12 mesi dall’inizio della sintomatologia per le evidenti difficoltà di gestione legate alla presenza di una paraparesi non deambulante.  Nei cani più piccoli sono descritti decorsi mediamente più lunghi. Nel PWC è descritto un tempo mediano di sopravvivenza dall’esordio dei sintomi di 19 mesi.

Fase iniziale della malattia –  Il soggetto colpito viene inizialmente riferito al veterinario
perché il proprietario nota una lieve difficoltà nella deambulazione a carico degli arti posteriori. Altra nota caratteristica è il fatto che non riesca ad essere definita una vera e propria data di esordio della sintomatologia. Queste iniziali disfunzioni testimoniano soprattutto un disturbo delle funzioni propriocettive, che si caratterizza con ritardo nell’inizio di alcuni movimenti, dorsoflessione spontanea del piede con consumo eccessivo delle unghie e dismetria degli arti posteriori (video).  L’attenta valutazione della postura rivela un soggetto che, pur essendo in grado di sostenere il proprio peso, presenta evidenti alterazioni a carico degli arti posteriori, tenuti a volte abnormemente allargati o, al contrario, troppo ravvicinati (video). In alcuni soggetti è descritta una asimmetria dei segni clinici.  I segni di paraparesi, in questa fase, sono modesti ed il cane non mostra all’esame clinico nessun segno di dolore. La sintomatologia evolve nel tempo con una accentuazione delle disfunzioni propriocettive, che evolvono in una vera e propria atassia, caratterizzata da dismetria e ipermetria, abnorme circumduzione e incrociamento degli arti durante la deambulazione (video). In questa fase diventano più evidenti i segni di paresi, testimoniati da ipometria e trascinamento degli arti posteriori nonché incapacità a sostenere il proprio peso quando l’arto è poggiato a terra (video).  I segni diventano più simmetrici man mano che la malattia procede. In questa momento, l’esame delle risposte posturali e propriocettive è fortemente alterato sugli arti posteriori (video)  e l’esame dei riflessi spinali testimonia il coinvolgimento del tratto toraco-lombare del midollo spinale: caratteristici possono essere l’iperriflessia patellare e la presenza del riflesso estensore crociato. In alcuni casi, per soggetti nella stessa fase della malattia,  è stata segnalata una depressione (fino all’assenza) del riflesso patellare, possibilmente giustificata dalle lesioni alle radici dorsali dei segmenti costituenti il nervo femorale. I riflessi anale, perineale e pannicolare, sono normali.

Fase tardiva della malattia –  I segni precedentemente descritti evolvono nel tempo fino a produrre, in fase terminale, la totale incapacità alla deambulazione (video). La sensibilità dolorifica profonda è mantenuta normale anche negli stadi più avanzati della malattia. Nel pastore tedesco e nei cani di grossa taglia, la prognosi infausta associata allo  sviluppo di una grave paraparesi non deambulante comporta, nella maggior parte dei casi, l’eutanasia del soggetto. Le forme protratte della malattia sono pertanto meglio documentate nei cani di piccola taglia, cui si riferiscono la maggior parte dei contributi presenti in letteratura. In questi soggetti è ben documentata la progressione a paraplegia flaccida con marcata atrofia muscolare e diminuzione dei riflessi patellare e flessorio.  La regolazione degli sfinteri, e pertanto la minzione e la defecazione, non viene alterata per lungo tempo e la comparsa di incontinenza fecale e urinaria si presenta quando il soggetto colpito è pressoché paraplegico. Nei casi più protratti, si assiste alla comparsa di paresi degli arti toracici e a marcata atrofia dei muscoli appendicolari. Sono stati anche descritti, per i decorsi in assoluto più lunghi, alterazioni della voce e difficoltà di deglutizione.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE E PROTOCOLLO DIAGNOSTICO
La diagnosi eziologica di Mielopatia Degenerativa è una diagnosi anatomopatologica post-mortem.  Nell’animale in vita, la diagnosi clinica di MD si effettua sulla base dei dati del segnalamento, dell’anamnesi, dell’esame neurologico e sull’effettuazione di un rigoroso protocollo diagnostico volto ad escludere le altre malattie poste in diagnosi differenziale. Queste ultime sono rappresentate da malattie a decorso cronico-progressivo del midollo spinale che colpiscono i cani adulti-anziani. Seguendo lo schema del Vitamin D, le categorie interessate nel processo di esclusione diagnostico-differenziale sono soprattutto quella degenerativa (protrusioni discali croniche, lesioni degenerative osteo-legamentose con successiva compressione del midollo spinale) e quella neoplastica (neoplasie primarie e secondarie del midollo spinale e dei corpi vertebrali). Va sottolineato che i cani anziani possono avere concomitanti problemi ortopedici che rendono più complicata l’interpretazione dei segni clinici all’esame neurologico.

Il protocollo diagnostico standard di un paziente con sospetta Mielopatia Degenerativa si compone pertanto dell’esame del sangue (esame emocromocitometrico e profilo biochimico), dell’esame del liquido cerebrospinale (LCS), ma soprattutto di una diagnostica per immagini volta a escludere la eventuale presenza di lesioni compressive del midollo spinale, soprattutto del suo tratto toraco-lombare (Mielografia, Tomografia Computerizzata [TC], Risonanza Magnetica Nucleare [RMN]). La diagnostica per immagini  è in grado di riconoscere la presenza di compressioni midollari dovute a protrusioni discali di tipo Hansen II, a stenosi acquisite del canale vertebrale, a neoplasie intra- ed extra-midollari, a cisti subaracnoidee. La lesione compressiva di più frequente riscontro, nei cani di grossa taglia, è senz’altro rappresentata dalle protrusioni discali di tipo Hansen II. In presenza di un sospetto di MD, l’interpretazione dei quadri di diagnostica per immagini deve essere fatta con estrema cautela: non sempre l’entità di tali compressioni è tale da giustificare i segni clinici riscontrati e alle volte, specie in soggetti anziani, non è da escludere la concomitante presenza di una o più compressioni discali in soggetti con Mielopatia Degenerativa. La RMN è quella tecnica di indagine che attualmente offre la miglior sensibilità nell’identificare lesioni a carico del midollo spinale, della colonna vertebrale e dei suoi annessi.

L’esame del LCS è volto ad escludere la presenza di patologie infiammatorie a carico del midollo spinale. Nei cani affetti da MD il LCS è normale e non si riscontrano alterazioni della componente cellulare e proteica. Nello studio della MD, il LCS è stato utilizzato come substrato da cui ricercare biomarker . Negli ultimi anni ha suscitato notevole interesse la focalizzazione Isoelettrica, indagine volta a ricercare , la presenza di bande oligoclonali di anticorpi specifici per la MD, in analogia con quanto riscontrato in medicina umana per la sclerosi multipla. Un recente studio ha però dato risultati incerti, avendo trovato queste bande oligoclonali anche in soggetti di controllo.

Un altro esami utili nell’esclusione di altre patologie possono essere rappresentati dall’esame elettromiografico (EMG). Nelle fasi iniziali della malattia, non essendo interessati i motoneuroni inferiori  l’EMG è normale, mentre segni di sofferenza neuromuscolare si possono documentare nelle fasi tardive della malattia e consistono in attività spontanea caratterizzata soprattutto da potenziali di fibrillazione e onde acute positive.

TEST GENETICO PER LA MD
Uno dei frutti delle ricerche degli ultimi anni è il test genetico, attualmente reperibile in commercio, che permette di identificare se l’animale testato possiede o meno nel proprio corredo genetico la mutazione per la SOD-1 che è stata associata alla Mielopatia Degenerativa.

 I cani omozigoti per la mutazione (AA) sono a rischio per lo sviluppo della MD e, se incrociati con un soggetto normale (GG) produrranno una prole eterozigote per la mutazione (AG). Questi soggetti eterozigoti, seppur sani, sono dei potenziali carrier della malattia. Un genitore omozigote GG non è a rischio di sviluppo della malattia e fornirà alla propria prole esclusivamente un fattore genetico protettivo. E’ evidente che questi test sono di grande importanza per gli allevatori, anche se, al momento, questi risultati non possono essere eccessivamente enfatizzati poiché, come detto, altri fattori possono intervenire impedendo lo sviluppo del fenotipo patologico. La presenza di uno stato di omozigosi (AA) della mutazione, dunque, non significa che l’animale sia per certo ammalato di MD, ma solo che sia più predisposto allo sviluppo della malattia. I cani con MD confermata istologicamente sono risultati infatti tutti AA omozigoti, mentre gli eterozigoti sono soggetti sani. E’ evidente però come sia da considerarsi “prudente” limitare la diffusione dell’allele A nella popolazione, mentre ulteriori studi sono condotti per confermare il ruolo della mutazione nello sviluppo della patologia.

PROTOCOLLO TERAPEUTICO
Allo stato delle conoscenze attuali, non esiste un trattamento terapeutico di riconosciuta efficacia per la Mielopatia Degenerativa e la prognosi per questa malattia, nel lungo periodo, è infausta. Sebbene fosse stata considerata una patologia ad eziologia immunomediata, la terapia con corticosteroidi non ha mai significativamente modificato il corso della malattia.Quanto raccomandato agli inizi degli anni novanta da Clemmons, e pedissequamente seguito da un gran numero di veterinari e proprietari, si è rivelato essere molto poco incisivo sul decorso della malattia, al punto da essere ormai abbandonato dalla comunità scientifica internazionale. Il protocollo terapeutico comprendeva la combinazione di esercizio fisico, supplementazione di vitamine associate alla somministrazione di acido aminocaproico alla dose di 500 mg per os TID. Un recente studio non ha trovato nessun beneficio nell’impiego della terapia combinata a base di acido aminocaproico e Vitamine B, C ed  E.
Di converso, l’esercizio fisico e la fisioterapia sembrano essere gli unici presidi terapeutici in grado di influenzare il tempo di sopravvivenza. L’esercizio fisico ha lo scopo di prevenire l’atrofia da disuso dei muscoli degli arti posteriori e di ottimizzarne il tono e la tenuta. Il nuoto moderato e le passeggiate al guinzaglio sono considerati un eccellente esempio di attività fisica aerobica che deve essere effettuata con continuità e per intervalli non troppo lunghi.

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