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Pulsossimetria

  • Disciplina: Anestesiologia
  • Specie: Cane e Gatto

L'occhio umano è capace di riconoscere l’ipossia solo quando è tanto grave da causare cianosi. Anche in condizioni ideali, osservatori qualificati non possono individuare l’ipossiemia fino a quando la saturazione sia inferiore all’80% [1]. La difficoltà che i medici hanno nel rilevare l'ipossiemia è stata esemplificata in uno studio su oltre 14.000 pazienti in corso di valutazione presso UCLA EmergencyDepartment [2]. I pazienti sono stati monitorati con pulsossimetri, ma il risultato è stato dato ai medici solo dopo aver completato il loro accertamento iniziale. Modifiche nei test diagnostici e sul trattamento, conseguenti ad errata valutazione, sono stati molto probabili con saturazioni reali intorno all’89%, mentre erano meno comuni per valori di saturazione inferiori, probabilmente perché i medici erano in grado di rilevare l’ipossiemia senza bisogno di un pulsossimetro.

Con la proliferazione di pulsossimetri avvenuta negli anni ‘80, diversi ricercatori hanno dimostrato che l'ipossiemia è molto più comune di quanto precedentemente sospettato, con una incidenza che oscilla tra il 20 e l’82% [3]. Il significato della desaturazione episodica sulla prognosi del paziente è in gran parte sconosciuto [4]. Nei pazienti ricoverati in un servizio di medicina generale, Bowton et al. [5] hanno rilevato che la saturazione <90% e della durata di almeno 5 minuti si è verificata nel 26% dei pazienti. Coloro che avevano manifestato desaturazione nelle prime 24h di ricovero in ospedale, tendevano ad avere una mortalità tre volte più alta nei 4-7 mesi successivi, rispetto a chi non desaturava. Anche se la desaturazione episodica può semplicemente essere un marker di aumentato rischio, piuttosto che la causa diretta della diminuita sopravvivenza, un aumento della mortalità è stato ancora osservato in pazienti con ipossiemia episodica, quando il campione di pazienti è stato stratificato per la gravità della patologia. Se l'individuazione precoce e il trattamento dell’ipossia episodica possano influenzare l'outcome del paziente rimane sconosciuto.

Il pulsossimetro è comunque uno dei più comuni apparecchi di monitoraggio presenti in anestesia veterinaria. Questo strumento valuta la saturazione dell’emoglobina nel sangue arterioso (ossiemoglobina), oltre a fornire la frequenza del polso periferico e spesso la pletismografia. Alcuni studi clinici hanno dimostrato che l’uso dei pulsossimetri nei piccoli animali dà una lettura sufficientemente accurata della saturimetria, benché tutte le attrezzature siano state progettate per il funzionamento nell'uomo (6).

La saturazione dell`emoglobina nel sangue arterioso (SpO2) è molto importante per valutare la quantità di ossigeno che arriva ai tessuti, ma da sola non è sufficiente. Una delle ragioni principali della popolarità di questo monitoraggio, obbligatorio per legge in anestesia in molte parti del mondo (ahi noi, non in veterinaria), è la sua capacità di aggirare l`inaffidabilità (e la tardività) della cianosi come segno di desaturazione.  Ogni veterinario che si interessa di anestesia dovrebbe conoscere non solo i vantaggi e i limiti di tale monitoraggio ma anche i principi fisici su cui si basa.

UN PO' DI OTTICA
L’emoglobina è una struttura proteica complessa contenente due paia di catene polipeptidiche (2 a e 2b). Ogni catena si lega con un gruppo eme che contiene un atomo di ferro (in stato ferroso). Questo complesso proteico assume differente forma al cambiare del grado di ossigenazione e come conseguenza anche lo spettro di assorbimento dell’emoglobina cambia al cambiare della disposizione spaziale molecolare. In definitiva si può stabilire una proporzionalità fra la quantità di ossiemoglobina in un campione e l’assorbimento di un’onda elettromagnetica che attraversa il campione stesso.

Il livello di assorbimento di un’onda elettromagnetica attraverso una qualsiasi soluzione trasparente è regolato dalla legge Beer-Lambert. Secondo questa legge il livello di assorbimento di un’onda elettromagnetica che attraversa una soluzione omogenea e trasparente è uguale al prodotto dello spessore della sostanza stessa per la concentrazione del soluto per il cosiddetto coefficente di estinzione molare che è una costante.

Ogni metodo spettrofotometrico correla la capacità di assorbire un’onda elettromagnetica del campione con la concentrazione del soluto fotoattivo nella soluzione stessa. Benchè il pulsossimetro basi il suo funzionamento sulla legge di Beer-Lambert la calibrazione di un pulsossimetro può essere fatta solo per via empirica. Questo è dovuto sia al fatto che il sangue non è un fluido omogeneo, sia al fatto che l’assorbimento delle onde elettromagnetiche assume un pattern non-lineare al cambiare della concentrazione dell’ossiemoglobina.

COME FUNZIONA
Il pulsossimetro è composto da differenti unità: la sonda, una unità che contiene un microprocessore che elabora gli impulsi provenienti dalla prima e in fine il display. La sonda (Fig. 1) deve emettere due onde elettromagnetiche monocromatiche. Due perché le incognite nell’equazione sono costituite dalle due forme dell’Hb ossidata e ridotta. Le onde devono essere a frequenza costante perché la legge di Beer-Lambert possa essere applicata. Inoltre le onde scelte devono essere ad una frequenza compresa tra 600 nm e 1300 nm e devono essere scelte in modo che le due diverse forme di Hb le assorbano in maniera sensibilmente differente.

I primi pulsossimetri usavano frequenze di 660 nm (assorbita dalla ossiemoglobina in misura minore che l’emoglobina ridotta) e 940 nm (con assorbimento a parti invertite). Tra le ragioni che hanno indotto la scelta di tali frequenze è il fatto che l’avvento dei LED aveva messo a disposizione una sorgente monocromatica (o quasi) di onde elettromagnetiche a basso costo e sicura per il paziente. L’emissione dei LED non è esattamente monocromatica, ma essendo la curva di assorbimento dell’ossiemoglobina  piuttosto piatta intorno ai 940 nm (radiazione infrarossa) di lunghezza d’onda, tali variazioni non hanno un gran effetto sulla lettura. La scelta di 660 nm (radiazione rossa) è dovuta, invece, al fatto che la differenza di assorbimento fra le due forme di Hb a quella lunghezza d’onda è massima.

Oltre ai due diodi che trasmettono, la sonda contiene anche un fotodiodo che raccoglie il segnale che filtra o viene riflesso dal tessuto sul quale la sonda è stata applicata. Il fotodiodo è posizionato in modo che riceva il segnale dai diodi perpendicolarmente alla propria superficie, una volta che questo ha attraversato una qualche estremità del paziente.

La sonda deve essere costruita in maniera tale che eserciti una leggera ma costante pressione sui tessuti; in nessun modo il segnale prodotto dai diodi deve arrivare al fotodiodo bypassando il paziente. Siccome lo spessore e il colore delle estremità su cui la sonda è applicata può variare è importante che l’energia emessa dai diodi sia variabile in maniera tale che il fotodiodo riceva in tutte le condizioni un segnale trasmissibile. La sonda è collegata all’unita che elabora il segnale con cavi che devono essere protetti da interferenze elettriche.

Benché quella descritta sia la sonda più comunemente utilizzata, esistono sonde che lavorano captando onde riflesse dai tessuti piuttosto che quelle trasmesse direttamente dai diodi. In questo caso I diodi e il fotodiodo sono in linea e non ha bisogno della configurazione a ”pinza” tipica delle sonde che si basano sulla captazione delle onde trasmesse, questo consente di poter applicare tali sonde in più punti del corpo (nelle persone) o in cavità negli animali.

Il segnale raccolto dalla sonda, dopo che è stato amplificato e convertito da analogico in digitale, viene elaborato da un microprocessore.

Il microprocessore provvede a isolare la componente pulsatile del segnale (Fig. 2) e a separare le componenti pletismografiche provenienti dai due diodi. Una volta che la componente pulsatile è stata isolata, viene calcolato il rapporto tra l’ampiezza della radiazione rossa e infrarossa (red:infrared ratio) (Fig. 3).

Ad ogni valore di questo rapporto, il sistema può associare un valore di saturazione derivato da studi sperimentali su volontari umani e memorizzati in EPROM.  In realtà, per ragioni etiche, i dati sperimentali non vanno oltre il 80% di saturazione, limite oltre il quale i valori della saturazione sono stati estrapolati matematicamente.

Il microprocessore, inoltre, provvede a regolare il funzionamento dei diodi in base al segnale di ingresso ricevuto, attiva gli allarmi, immagazzina i trend e controlla il display.

SIGNIFICATO DELLA SATURAZIONE DELL’EMOGLOBINA E SUOI VANTAGGI NELL’USO CLINICO
La desaturazione dell’emoglobina è la spia di un problema che impedisce un normale trasporto di ossigeno a qualche livello dalla bocca del paziente al tessuto dove la sonda del pulsossimetro è stata posizionata.

La quantità di ossigeno fornita ai tessuti in un minuto è il risultato della seguente equazione:

Flusso di O2 = 1,39 x CO x SpO2 x Hb concentration + 0,003 PaO2.

Come l’equazione mostra la saturazione dell’emoglobina è solo uno dei tre fattori in gioco, questo ci suggerisce che non è sufficiente avere una saturazione normale per poter considerare normale anche l’apporto di ossigeno all’organismo. Se la gittata cardiaca è misurata raramente in un paziente veterinario in anestesia, l’emoglobina invece è facilmente misurabile ed è facile valutare come l’anemia possa diminuire consistentemente il trasporto di ossigeno a dispetto di una saturazione del 100%.

La possibilità di identificare l’ipossia con metodo continuo, non invasivo, rapido nei tempi di risposta ed economico è di straordinaria importanza in anestesia, emergenza e terapia intensiva e spiega il gran successo che la pulsossimetria ha avuto in questi anni. È inoltre da sottolineare che il livello di saturazione influenza in maniera direttamente proporzionale il contenuto di ossigeno per unità di volume, mentre l’uso della pressione parziale di ossigeno nel sangue arterioso (PaO2), per il medesimo intento, risulta molto meno lampante nel definire il livello di gravità dell’ipossia. Questo è dovuto all’andamento della curva di dissociazione dell’emoglobina. D’altra parte quando si usano alte frazioni di ossigeno inspirate il pulsossimetro si rivela un monitoraggio tutt’altro che precoce nell’identificare l’isorgenza di problemi, mentre l’ottenimento della PaO2 tramite emogasanalisi si rivela più sensibile (sempre a causa della curva di dissociazione). Benchè i vantaggi di usare il pulsossimetro durante l‘anestesia di un paziente a cui si forniscano frazioni elevate di ossigeno siano limitati, il suo uso in soggetti con gravi patologie respiratorie è sicuramente raccomandato. Inoltre la frequenza cardiaca rilevata con questo metodo, in un paziente in anestesia e con buona perfusione periferica, è più affidabile di quella rilevata dall’ECG più prono ad interferenze ed ad errori di conteggio.

Le cause che possono produrre ipossia sono generalmente legate a problemi che coinvolgono il sistema respiratorio (ipoventilazione, mismatch ventilazione-perfusione, ridotta diffusione, ecc.) ma patologie del sistema cardiovascolare come lo shunt destro-sinistro e l’embolismo o anche la riduzione della frazione di ossigeno inspirata possono causare desaturazione.

PLETISMOGRAFIA
Ogni pulsossimetro dovrebbe mostrare una traccia pletismografica insieme alla percentuale di saturazione e alla frequenza cardiaca. La funzione più importante di questa onda, è mostrare se lo strumento sta funzionando correttamente. Se la curva pletismografica non è simile all’onda pressoria arteriosa il valore di saturazione non può essere considerato affidabile. Tuttavia la presenza di tale onda di per se non è garanzia di un valore di SpO2 corretto.

Un fattore molto importante per l’interpretazione della pletismografia è conoscere se il segnale viene mostrato “così come viene raccolto” o se viene “normalizzato”. Nel secondo caso l’onda non avrà cambiamenti di ampiezza e finché la macchina sarà capace di rilevare il segnale l’ondà rimarrà uguale nel tempo. In alcuni strumenti che normalizzano il segnale, il grado di amplificazione viene mostrato sul display.

L’onda pletismografica è il risultato della variazione dell’energia luminosa, trasmessa o riflessa, che raggiunge il fotodiodo. Ci sono molti fattori che influenzano questo il livello di luminosità:

  • Cambiamenti della quantità di sangue nel tessuto
  • Orientamento degli eritrociti
  • La concentrazione degli eritrociti
  • Formazione di rouleau
  • Velocità locale del sangue
  • Separazione tra le sorgente luminosa e il fotodiodo
  • Il flusso arterioso e quello venoso

È facile intuire che i fattori di perfusione locale hanno una notevole importanza nel condizionare questa onda, con il risultato che la pletismografia può essere scarsamente correlata alla perfusione sistemica. Per esempio se la sonda è applicata sulla cute, la pletismografia sarà grandemente influenzata dai fattori che condizionano il flusso di sangue nel letto vascolare cutaneo. Come è noto i fattori che influenzano il flusso di sangue cutaneo sono innumerevoli e spesso peculiari di questo distretto del corpo, ma non di altri. In anestesia veterinaria è la lingua il sito più frequentemente usato per il posizionamento della sonda. Questo distretto ha un flusso meno prono a variazioni locali rispetto alla cute e quindi può rappresentare meglio l’influenza che fattori sistemici, come funzione cardiaca e compliance vascolare possono esercitare sul flusso ematico periferico.

LIMITI DELLA PULSOSSIMETRIA
La pulsossimetria è un metodo rapido, non invasivo, continuo ed economico per l’individuazione dell’ipossia, tuttavia ha considerevoli limitazioni, in particolare nella pratica veterinaria. È, inoltre, da sottolineare il fatto che questo monitoraggio non fornisce nessuna informazione sulla capacità dei tessuti di ricevere ed utilizzare quell’ossigeno trasportato dal circolo arterioso.

Uno dei maggiori problemi nell’uso del pulsossimetro è la sua sensibilità ai movimenti del paziente; questo, insieme al fatto che nella maggior parte dei nostri animali l’unica area in cui è possibile posizionare la sonda è la lingua, lo rende utilizzabile solo in pazienti come minimo profondamente sedati, escludendo cosi` la gran parte dei pazienti coscienti che pur beneficerebbero di tale monitoraggio. Vari metodi sono stati utilizzati per respingere artefatti da movimento ma con poco successo [8]. Un approccio tecnologico innovativo, denominato Masimo signal extraction technology (SET ™; Masimo Corporation, Mission Viejo, California, USA), è stato recentemente introdotto, con lo scopo di differenziare il segnale vero dall’artefatto a causa del rumore e di bassa perfusione [9]. Questa tecnica incorpora nuovi algoritmi per l’elaborazione di segnali di luce rossa e infrarossa, che consentono di separare meglio quello che è il segnale dal rumore. Quando la prova è stata fatta involontari sani durante movimenti standardizzati, Masimo SET ™ ha presentatotassi di errore molto più bassi (come percentuale di tempo nel quale l’apparecchio mostrava errori superiori al 5%, 7% e 10%) i tassi di dropout (definito come la percentuale di tempo in cui il saturimetro non forniva alcun dato) rispetto agli ossimetri Nelcor N-200 e N-3000 (Nellcor Puritan Bennett, Pleasanton, California, USA) per tutte le condizioni di prova [10]. In 50 pazienti operati, Dumas e altri [10] hanno osservato che la frequenza di allarme delpulsossimetro fu diminuita sino alla  metà con il sistema Masimo SET™ contro un ossimetro convenzionale (Nellcor N-200). Il miglioramento delle prestazioni è stato particolarmente evidente in condizioni di movimento deciso non ritmico e tremore, quando è stata osservata unariduzione di circa 22 volte della perdita di segnale nel tempo. I costruttori, tramite software sofisticati, cercano di identificare ed eliminare gli artefatti e tramite metodi di “averaging” cercano di fornire un valore di saturazione come media di una serie di misurazioni affidabili. Questo processo dura 10-20 secondi, nei quali brusche variazioni della saturazione possono andare non rilevate. 

Gli algoritmi inseriti in questi software condizionano pesantemente l’affidabilità e la capacità dell’apparecchio di leggere in condizioni cliniche “difficili”. La lettura può essere alterata anche dal malposizionamento della sonda (problema definito “penumbra effect”) che è molto più difficile da identificare da parte dell’apparecchio stesso. La conseguenza di questo problema è classicamente una sottostima della saturazione dovuta ad una diversa distanza fra i due diodi ed il tessuto sotto esame. Problemi di malposizionamento sono abbastanza comuni con l’utilizzo di sonde non disegnate per l’uso in animali.

Fonti di luce esterna possono alterare la lettura di questo strumento, per ovviare a questo inconveniente il costruttore inserisce, nel ciclo di lettura, una fase in cui tutti e due i diodi sono spenti. Questo permette di registrare il livello di luminosità ambientale e tenerne conto durante la successiva lettura.

L’ipoperfusione e la vasocostrizione periferica possono ridurre in maniera consistente il volume di sangue pulsatile fino a mettere in seria difficoltà in particolare apparecchi meno sofisticati. Inoltre è stato dimostrato che una pressione differenziale (differenza fra pressione sistolica e diastolica) minore di 20 mmHg condiziona seriamente l’accuratezza della misurazione e addirittura la capacità dell’apparecchio di fornire una lettura.

L’accuratezza di un pulsossimetro si basa sull’assunto che tutta l’emoglobina presente nel sangue sia emoglobina A. Nella realtà clinica nel sangue sono presenti quantità variabili di altri tipi di emoglobina che non solo non trasportano ossigeno ma possono rendere meno accurata la lettura. Carbossiemoglobina e metaemoglobina sono presenti normalmente in piccole quantità ma in certe condizioni la loro concentrazione può essere rilevate. Solo l’uso del CO-ossimetro puo misurare la loro concentrazione. La presenza di sostanze come metyl bleu e indocianina verde può compromettere l’accuratezza della lettura. È utile ricordare che anche in condizioni ideali la deviazione dalla saturazione reale è comunque del 2-3% nel range di lettura tra 70 – 100%.  

Aree del corpo pigmentate negli animali non sono utilizzabili per il monitoraggio della saturazione, questo sembra dovuto alla dimensioni dei granuli di pigmento che negli animali sarebbero più grandi che nell'uomo.

PROGRESSI RECENTI
L'analisi morfologica della forma d'onda pletismografica
Nonostante il suo aspetto semplice, la forma d'onda di pulsossimetro è un segnale molto complesso che contiene molte più informazioni di quelle che abbiamo discusso fino ad ora. Come abbiamo già detto il segnale che arriva al ricevitore della sonda è composto da due componenti: un assorbimento continuo (CC) e uno alternato (CA). La componente continua è la componente non pulsatile del segnale pletismografo ed è inversamente proporzionale alla diffusione e assorbimento della luce da parte dei tessuti su cui la sonda è posta, compreso il sangue nonpulsatile (arterioso e venoso). La componente alternata è la componente pulsatile della forma d'onda pletismografica. Un’ipotesi è che la componente CA rappresenti il sangue nel lato arterioso della circolazione. Questa onda è condizionata anche dal volume del tessuto analizzato che varia al variare del flusso ematico che lo attraversa. Maggiore è il volume di sangue (vasodilatazione), più luce viene assorbita. Quindi, meno luce passa attraverso il tessuto, minore sarà la corrente generata dal fotorivelatore. Così, durante la sistole la quantità di luce trasmessa attraverso il dito è meno durante la diastole, e il segnale originale pletismografico assomiglia ad una immagine speculare di una forma d'onda della pressione arteriosa del sangue. Per rendere più facile per i medici interpretare la forma d'onda del pletismografo, la maggior parte dei dispositivi inverte l'immagine sul display. Inoltre, la forma d'onda del pletismografo ha un’amplificazione spesso auto-adattata alle esigenze . Di conseguenza, le informazioni fisiologiche potenziali che possono essere la componente continua e alternata si perdono (non utilizzate). E 'chiaro che la forma d'onda del pletismografo contiene importanti informazioni fisiologiche. Le variazioni delle componenti AC e DC della forma d'onda del pletismografo sono correlate al tono vasomotorio [12-14]. La componente continua è influenzata anche dalla respirazione e può contenere informazioni relative allo stato volemico dei pazienti [15-16]. I recenti progressi nella pulsossimetria si sono concentrati sull'analisi morfologica della forma d'onda pletismografica.
Una variabile che deriva dalla forma d'onda pletismografica è l’indice di perfusione (PI). PI è definito come AC/DC × 100% della forma d'onda del pletismografo, ed è ora presente in alcuni pulsossimetri. In termini generali, PI riflette il tono vasomotorio periferico. Basso PI suggerisce vasocostrizione periferica (o ipovolemia grave) e alta PI suggerisce vasodilatazione. Il PI è sensibile a diverse cose, come la temperatura del dito, l’uso di farmaci vasoattivi, il tono simpatico del sistema nervoso (dolore, ansia, e così via) e la gittata sistolica.

Un'altra variabile che è derivata dalla forma d'onda del pletismografo è l’indice di variabilità pletismografica (PVI). Il PVI è un parametro relativamente nuovo attualmente previsto da un solo fabbricante di pulsossimetri (Masimo). Il PVI quantifica la variabilità della forma d'onda del pletismografo per causa della respirazione, ed è pensato per essere un surrogato di misura del volume intravascolare. Esso è definito come (max PI - min PI) / max PI × 100%. Diversi parametri simili (variazione della pressione di impulso, delta up/down, variabilità sistolica della pressione arteriosa) sono stati precedentemente derivati dalla forma d'onda di pressione arteriosa.

Predire la risposta ai fluidi utilizzando un dispositivo non invasivo, ha offerto un nuovo approccio alla gestione emodinamica che in precedenza era disponibile solo con l'uso di monitoraggi invasivi [13]. Il PVI, come descritto sopra, è una misura clinicamente facilmente disponibile in continuo. Cannesson et al. [15] hanno riportato che un valore PVI> 14% sia predittivo della risposta ai fluidi. Studi futuri dovranno definire l'utilità del PVI per guidare la gestione del volume intravascolare.


L'USO DI OSSIMETRI PER L'ANESTESIA REGIONALE
Anestetici locali causano simpatectomia, che indotta durante l'anestesia regionale provoca vasodilatazione periferica. Questa vasodilatazione può essere quantificata utilizzando la forma d'onda del pletismografo (PI). Così, il PI è stato valutato come un fattore predittivo del successo di anestesia regionale. Due recenti studi hanno utilizzato per monitorare il PI intravascolare i cambiamenti indotti nel tono vasale dall’epinefrina in pazienti sottoposti ad anestesia epidurale durante l'anestesia generale [17,18]. Questi studi hanno dimostrato che il PI è stato un buon indicatore di iniezione di adrenalina intravascolare in anestesia generale (iniezione di adrenalina intravascolare ha indotto una riduzione significativa della PI).

Un costruttore ha esplorato l'utilizzo dell’ampiezza della forma d'onda pletismografica per stimare l'equilibrio nocicezione-antinocicezione del paziente anestetizzato. Questo indice pletismografica (non disponibile in commercio) riflette l'attivazione del sistema nervoso simpatico e, potenzialmente, è un indicatore di analgesia insufficiente. L'uso di tale indice pletismografico per guidare l'uso di analgesici intraoperatori, sarà studiato in futuro.

MULTIWAVELENGTH ANALISI
Carbossiemoglobina e misure della metaemoglobina
Come spiegato precedentemente, i pulsossimetri comunemente utilizzati hanno due frequenze di lavoro per determinare la saturazione arteriosa, come rapporto tra ossiemoglobina ed emoglobina totale. Questo deriva dalla teoria per cui ci siano solo due tipi di emoglobina che assorbono la luce nel sangue: ossiemoglobina e emoglobina ridotta. Tuttavia, altre specie di emoglobina, come metaemoglobina, carbossiemoglobina, e disemoglobine possono assorbire onde elettromagnetiche visibili. Un recente sviluppo della piattaforma pulsossimetro utilizza più lunghezze d'onda della luce, per analizzare diverse emoglobine. L’utilizzo di otto o più lunghezze d'onda, permette di misurare le concentrazioni di carbossiemoglobina e metaemoglobina negli esseri umani in modo non invasivo e continuo [19].

Misura dell’emoglobina totale
Nel 2009 è stata resa nota un'altra innovazione nella pulsossimetria multifrequenza. L’utilizzo di 12 o più lunghezze d'onda della luce, permette il monitoraggio in continuo e non invasivo dell’emoglobina totale. Studi futuri valuteranno l'utilità clinica di questo dispositivo.

Miglioramento dell’analisi dei dati e le tecnologie alternative
Il movimento, la bassa perfusione, e l’interferenza ottica possono indurre notevoli errori nei pulsossimetri, con conseguente perdita di dati, letture imprecise, e falsi allarmi [16]. La maggior parte dei medici concordano sul fatto che gli artefatti da movimento e i falsi allarmi conseguenti, sono stati l'inconveniente più significativo della pulsossimetria in ambiente intensivo. Il movimento causa un basso rapporto segnale-rumore, con SpO2 diminuito a causa dell’interferenza della saturazione venosa. Questa componente venosa è esacerbata dalla bassa perfusione. Inoltre, tutti i pulsossimetri sono stati empiricamente calibrati tramite test di desaturazione su volontari sani, in una gamma di ossiemoglobina dal 100% al 70% [20]. Quindi la calibrazione dell’apparecchio risulta molto rigida e non tiene conto di altre variabili proprie del sistema, per esempio del tipo di sonda in uso. Alcuni sensori includono un piccolo chip di memoria digitale che contiene le curve di taratura specifica del sensore.

Per essere un utile strumento clinico, deve dare in tempo reale e in continuo, le misure esatte in un ampio intervallo di valori di saturazione dell'ossigeno arterioso, durante tutti i tipi di movimento del paziente, continuo, intermittente, aperiodico, ritmico, e durante la bassa perfusione. Sembra che ci siano differenze significative nella capacità di tollerare il movimento delle tecnologie attualmente disponibili, per raggiungere questi obiettivi, ma tutte le tecnologie recentemente messe a punto sembrano tollerare il movimento meglio rispetto alle tecnologie convenzionali [21]. Anche se, nonostante i progressi compiuti in questi settori, è probabile che il miglioramento sarà relativamente piccolo a causa della eccellenza della misura attualmente disponibili.

IMPLICAZIONI PER LA PRATICA CLINICA
I recenti progressi nella pulsossimetria hanno portato questi dispositivi in situazioni cliniche nuove e importanti. Essi si sono evoluti da monitoraggio relativamente semplice della saturazione arteriosa di ossigeno, a strumenti tecnologicamente avanzati che sono in grado di misurare diverse specie di emoglobina e di parametri fisiologici. Oggi, i pulsossimetri hanno la capacità di essere utili nella gestione emodinamica, nell'anestesia regionale, per il monitoraggio dell'emoglobina e carbossiemoglobina e per il rilevamento dellA metaemoglobina. La nuova generazione di pulsossimetri è in grado di fornire misure accurate in situazioni difficili come la bassa perfusione, la presenza di artefatti da movimento e la bassa saturazione arteriosa di ossigeno. La forma d'onda pletismografica è utilizzata per analizzare dei parametri nuovi che potrebbero avere un impatto significativo sulla futura pratica clinica e, senza dubbio, nuovi parametri pletismografici derivati saranno sviluppati e studiati. La ricerca clinica sarà necessaria per definire l'utilità di queste tecnologie, e per identificare le nuove opportunità di monitoraggio.

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