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Osteosarcoma del cane e del gatto

  • Disciplina: Oncologia
  • Specie: Cane e Gatto

L'osteosarcoma è un tumore che può svilupparsi sia nel cane che nel gatto.
Nel cane rappresenta l’85-98% dei tumori ossei in questa specie animale (Liptak et al., 2004b; Dernell et al., 2007). Sono più frequenti le localizzazioni appendicolari (75%) ma può anche svilupparsi a carico dello scheletro assiale (24%) e occasionalmente in sedi extraossee (1%) (tratto gastroenterico, fegato, sottocute, vescica, rene, tiroide, occhio).
Nel gatto è il tumore più frequente, rappresentando il 70-80% dei tumori ossei. Insorge in soggetti di età compresa tra 8-10 anni, senza particolare predisposizione di sesso o di razza. Sono però descritti rari casi in animali più giovani. Le incidenze delle localizzazioni appendicolari (nel gatto, a differenza del cane soprattutto a carico dell’arto posteriore) e assiali (cranio, pelvi, coste, vertebre) sono sovrapponibili, mentre risulta elevata quella delle forme extraossee (35-40%), a livello di mammella, occhio, fegato, intestino ma soprattutto di sedi vaccinali (sarcoma iniezione indotto). Contrariamente a quanto accade nel cane (80-90% dei casi), la percentuale di disseminazione metastatica alla presentazione è bassa (5-10%), pur rimanendo un tumore localmente molto aggressivo in grado di determinare lisi ossea (Fig. 1). La terapia di scelta, alla luce del comportamento biologico meno aggressivo, risulta l’escissione chirurgica ad ampio margine. La prognosi pertanto delle forme appendicolari è migliore di quella degli OSA assiali o extrascheletrici, nei quali non sempre risulta possibile intervenire con una chirurgia ad ampio margine.

Le sopravvivenze dei gatti affetti da forme appendicolari trattati con amputazione dell’arto variano dai 24 a 44 mesi senza chemioterapia; sono maggiori rispetto a quelle dei soggetti con OSA assiali (sopravvivenze medie di 6 mesi). Per queste ultime migliori risultati si possono ottenere con terapie multimodali basate sulla combinazione di chirurgia, radioterapia e/o chemioterapia. Il tasso di recidiva locale dopo sola chirurgia può essere elevato (44%) e dipende dalla radicalità dell’intervento. Anche nel gatto sono segnalate insorgenze di OSA a seguito di esposizione a radiazioni o permanenza di mezzi di sintesi. I segni clinici variano in base alle localizzazioni ed includono soprattutto zoppia e deformità corporee (Fig. 2). Per l’approccio diagnostico si rimanda a quanto descritto in seguito per il cane. Oltre che dalla localizzazione tumorale, la prognosi è influenzata, come nel cane, dal grado istologico e dall’indice mitotico della lesione.  (Heldmann et al, 2000; Dernell et al, 2007; Dimopoulou et al, 2008).

OSA APPENDICOLARE

COMPORTAMENTO BIOLOGICO
È localmente molto aggressivo determinando lisi ossea ed invasione secondaria dei tessuti adiacenti ed è altamente metastatico, principalmente a livello polmonare, per via ematogena, e secondariamente a carico delle ossa, visceri, cute, sottocute, encefalo (Gorman et al., 2006; Dernell et al., 2007). E’ possibile riscontrare metastasi anche a livello dei linfonodi tributari (4-9%) (Brodey et al., 1976; Spodnick et al., 1992; Hillers et al., 2005).

LOCALIZZAZIONE
Insorge più spesso a livello della regione metafisaria delle ossa lunghe e non oltrepassa l’articolazione attigua; gli arti anteriori sono interessati due volte più spesso degli arti posteriori; radio distale e omero prossimale rappresentano le localizzazioni più frequenti, seguite dal femore distale e prossimale e dalla tibia distale (Straw et al., 1990; Dernell et al., 2007). Colpisce cani pesanti o di razza gigante; solo infatti il 5% degli OSA si sviluppa in soggetti di peso inferiore ai 15 Kg (Dernell et al., 2007). Greyhound, Rottweiler, Alano, San Bernardo, Doberman pinscher, Setter irlandese, Golden retriever e Pastore tedesco sembrano essere più a rischio ma più per le dimensioni che per fattori legati alla razza (Ru et al., 1998; Rosenberg et al., 2007). E’ stata descritta una predisposizione familiare nel San Bernardo, Rottweiler e Scottish Deerhounds (Misdorp, 1980; Phillips et al., 2007).

SEGNALAMENTO
I maschi sono colpiti in percentuale lievemente maggiore rispetto alla femmine anche se questo dato non trova conferma tra i vari autori (Brodey at al., 1976; Mauldin et al., 1988; Shapiro et al., 1988; Kraegel et al., 1991; Spodnick et al., 1992); le femmine ne risultano affette soprattutto se di razza San Bernardo, Alano e Rottweiler.  Colpisce cani di 7-9 anni ma è possibile riscontrare la neoplasia in soggetti più giovani (18-24 mesi) (distribuzione bimodale) (Dernell et al., 2007).

EZIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
L’eziologia dell’OSA rimane ancora dubbia ma sono stati identificati dei fattori che possono contribuire alla comparsa del tumore. Tra questi vi sono:

  • Radiazioni ionizzanti

Il ruolo delle radiazioni ionizzanti è stato dimostrato sia clinicamente che sperimentalmente. Sono riportati casi di comparsa tumorale (vertebrale, orale, appendicolare) quale complicanza tardiva (dopo 1,7-5 anni dal trattamento) a seguito di trattamenti terapeutici radianti (cobaltoteleterapia, radioterapia a megavoltaggio ed ortovoltaggio) (Dickinson et al., 2001; Gillette et al., 1990; Thrall, 1984; White et al., 1986; Powers et al., 1989). Sperimentalmente è stata indotta crescita tumorale in alcuni Beagle trattati con aerosol a base di diossido di plutonio, somministrazioni endovenose di Plutonio239 citrato o di Americio 241 (Muggenburg et al., 1996; Lloyd et al., 1993 e 1994).

  • Trauma cronico

Impianti metallici lasciati a lungo in sede (chiodo endomidollare, placche di vecchia generazione per TPLO) possono indurre la comparsa di OSA (Sinibaldi et al., 1976; Sinibaldi et al., 1982; Murphy et al., 1997; Boudrieau et al., 2005; Harasen et al., 2008)  (Fig. 3). Questo ad opera di fenomeni corrosivi legati alla composizione dell’impianto metallico, di infezioni secondarie o per instabilità del mezzo di sintesi (Stevenson, 1991). Va comunque sottolineato che visto l’altissimo numero di mezzi di sintesi applicati nel corso di chirurgie ortopediche in medicina veterinaria e la mancanza di concrete prove scientifiche, la comparsa di sarcomi può rappresentare una semplice coincidenza (Murphy et al., 1997).

Sono inoltre descritti OSA a seguito di infarti ossei spontanei o secondari a chirurgie ortopediche e OSA insorti a seguito di osteocondrite dissecante (Riser et al., 1972; Dubielzig et al., 1981; Marcellin-Little et al., 1999; Holmberg et al., 2004). E’ stata anche segnalata la comparsa di OSA a livello di ginocchio di un cane per dimenticanza di una garza nel corso di un intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore (Miller et al., 2006).

A lungo si è creduto che i microtraumi a carico delle metafisi del radio distale di cani di grossa taglia rappresentassero uno dei fattori di rischio più importanti per la comparsa di OSA. Questa ipotesi è stata screditata da uno studio condotto da Gellash (2002) su due gruppi di cani aventi dimensioni differenti (<15 kg; >25 kg).

  • Alterazioni genetiche

Sono state descritte mutazioni a carico del gene soppressore tumorale p53 e PTEN (Levine et al., 2002). Sono state osservate a carico di OSA canini ed identificate tra i fattori prognostici negativi  (Kirpensteijn, et al., 2008; Sagartz et al., 1996; Loukopoulos et al., 2003; van Leeuwen et al., 1997; Mendoza et al., 1998): over-espressione di erb-B2 (Flint et al., 2004); l'espressione di HGF (Hepatocyte Growth Factor) e del suo recettore c-Met è stata identificata in molti OSA canini (Ferracini et al., 2000; De Maria et al., 2009; Fieten et al., 2009); è stato dimostrato in vitro il ruolo di IGF-1 (insulin-like growth factor-1) e del suo recettore IGF-1R nella crescita ed invasione degli OSA (MacEwen et al., 2004); espressione in vitro e in vivo delle metalloproteinasi di matrice 2 e 9 e loro ruolo nella diffusione locale e metastatica del tumore (Lana et al., 2000; Loukopoulos et al., 2004); l’espressione di ezrin, proteina citoscheletrica, negli OSA canini pediatrici è stata associata a comparsa precoce di metastasi e a peggior prognosi (Khanna et al., 2004).

SEGNI E SINTOMI
Le forme appendicolari sono caratterizzate dalla presenza di una tumefazione a carico dell’arto interessato, più o meno evidente (dipende dal distretto osseo interessato), dura e dolente alla palpazione (Fig. 4); frequente è il riscontro di dolore secondario ad attivazione del periostio, di zoppia solitamente intermittente e di grado lieve nelle fasi iniziali ma con tendenza a diventare persistente e grave nel tempo (video) e di più o meno grave e precoce amiotrofia. Zoppie ad insorgenza acuta associate a completo scarico dell’arto sono spesso indice di fratture patologiche. Queste sono più comuni in caso di emangiosarcoma, mieloma multiplo e tumori metastatici ed infiltrativi  (Dernell et al., 2007).

 

DIAGNOSI E STADIAZIONE
Il segnalamento e i segni clinici spesso sono indicativi già da soli di neoplasia ossea. L’iter diagnostico deve prevedere necessariamente un:

  • esame clinico accurato
  • esame radiografico
    • della lesione primaria in proiezione cranio-caudale e latero-mediale  che deve includere anche l’articolazione prossimale o distale rispetto al difetto osseo e l’arto controlaterale. L’aspetto radiografico dell’OSA appendicolare è caratterizzato da quadri variabili di lisi della corticale ossea, neoproduzione ossea, proliferazione periostale, neoformazione ossea subperiostale, tumefazione dei tessuti molli adiacenti con possibili fenomeni di calcificazione (Fig. 5).
    • del torace in proiezione latero-laterale di destra e sinistra e ventro-dorsale o dorso-ventrale ai fini della stadiazione tumorale, per valutare una eventuale disseminazione metastatica a livello polmonare (Fig. 6). In meno del 5-10% dei pazienti è possibile riscontrare, al momento della diagnosi, la presenza di metastasi polmonari. Va però ricordato che l’OSA appendicolare è altamente metastatico e circa il 90% dei cani presenta delle micrometastasi non visibili radiograficamente; questi soggetti se trattati con la sola amputazione dell’arto svilupperanno metastasi entro 1 anno dalla terapia (Dernell et al., 2007). L’esame tomografico computerizzato (TC) risulta più sensibile di quello radiografico nell’evidenziare lesioni polmonari di diametro inferiore (Nemanic et al., 2006).

  • esame citologico tramite ago aspirato. Si tratta di una metodica semplice e non invasiva che può essere eseguita in presenza di lesioni ossee litiche per confermare il sospetto clinico e radiografico di tumore osseo (Loukopoulos et al., 2005; Reinhardt et al., 2005; Britt et al., 2007). E’ diagnostico in circa il 50% dei casi.
  • esame istologico tramite biopsia ossea mediante ago Jamshidi (Fig. 7) o per via incisionale o con trapano di Michelle. Con ago Jamshidi si ottiene, in genere, un buon prelievo senza rischio di causare fratture patologiche possibili con trapano di Michelle. Si tratta dell’esame di scelta per giungere ad una diagnosi definitiva (dovrebbe sempre essere eseguita in caso si sospetti una neoplasia ossea). La qualità diagnostica del prelievo (sia citologico che istologico) può essere migliorata eseguendo un prelievo guidato (ecografica, TC, intensificatore di brillanza) (Vignoli et al., 2004; Britt et al., 2007). E’ importante eseguire il prelievo in profondità dal centro della lesione, onde evitare di campionare la parte superficiale della lesione rappresentata spesso solo da osso reattivo.
  • esami ematici comprensivi della fosfatasi alcalina in caso di OSA.

Va ricordato che una piccola percentuale di OSA può metastatizzare a livello 1) di linfonodo (< 10%); è pertanto opportuno nel corso della stadiazione tumorale valutare mediante palpazione clinica o diagnostica per immagine (TC, ecografia) il linfocentro tributario ed eseguire a tale livello un ago aspirato; 2) di altri distretti ossei (7,9%). Sarebbe necessario eseguire, se disponibile, una scintigrafia ossea in grado di rivelare lesioni a carico dell’osso non ancora radiograficamente evidenti. Eventuali lesioni devono però essere sottoposte a biopsia in quanto tale esame non è specifico per le metastasi (infezione, artrite).

La stadiazione clinica dell’OSA è riportata nella tabella seguente.

T Lesione primaria
  • T0 No evidenza di tumore
  • T1 Tumore confinato a osso midollare e corticale
  • T2 Tumore oltre al periostio

N Disseminazione a livello linfonodale

M  Metastasi a distanza
  • M0 Nessuna evidenza di metastasi
  • M1 Metastasi a distanza (indicare dove)
Stadiazione chirurgica (dalla medicina umana)

Grado istologico (G-G1 basso grado; G2 grado elevato)

Valutazione anatomica (A intracompartimentale, B extracompartimentale)

Metastasi regionali o distanti  (M0 no metastasi, M1 presenza di metastasi)

Stadio I         G1 M0 (A o B)

Stadio II       G2 M0 (A o B)

Stadio III      G1/G2 M1 (A o B)

La maggior parte degli OSA è di classificata IIB alla presentazione

Tabella 1 Stadiazione TNM dei tumori ossei primari (da Owen LN. TNM classification of Tumours in Domestic Animals, WHO, Geneva, 1980, modificata)

TERAPIA
I cani affetti da OSA appendicolare possono essere sottoposti a palliazione, con lo scopo di alleviare il dolore o ricevere terapie con intento curativo, volte a controllare la malattia locale e a prevenire o ritardare la malattia metastatica.


Amputazione dell’arto
È una chirurgia non conservativa e rappresenta il metodo più efficace di eradicazione locale (Brodey et al., 1976; Spodnick et al., 1992). Viene eseguita tramite disarticolazione coxo-femorale per l’arto posteriore e per distacco dal tronco a partire dalla scapola per l’anteriore. Elimina il rischio di fratture patologiche, allevia il dolore, consente nella maggior parte della localizzazioni tumorali appendicolari di ottenere un ampio margine chirurgico. E’ una tecnica pressoché scevra da complicanze ed è funzionalmente accettabile, anche nei cani più pesanti che riescono comunque a deambulare e svolgere le principali funzioni (video). La maggior parte dei proprietari risulta soddisfatta della qualità di vita dei loro animali (Carberry et al., 1986; Kirpensteijn et al., 1999). Controindicazioni all’amputazione includono grave obesità o concomitanti e debilitanti patologie ortopediche e neurologiche.

 Salvataggio dell’arto
È possibile controllare localmente l’OSA risparmiando l’arto mediante chirurgia o trattamento radiante. Ottimi risultati sono stati ottenuti, con la chirurgia, per gli OSA localizzati a livello di radio distale, ulna, scapola, metacarpo, metatarso e ischio, mentre per altre localizzazioni i risultati funzionali non sono stati soddisfacenti e il tasso di complicanze elevato (Kuntz et al., 1998; Morello et al., 2001).

Per alcune localizzazioni (radio distale) sono da anni in studio, anche in medicina veterinaria, tecniche chirurgiche che consentono di preservare l’arto, eseguendo una chirurgia conservativa. La resezione del tumore si esegue ad ampio margine (³3-4 cm), sulla base delle misurazioni effettuate nella fase pre-chirurgica sulle radiografie, sulla TAC o RM (Leibman et al, 2001; Wallack et al., 2002; Davis et al., 2002). Alla rimozione del tumore deve seguire la ricostruzione della parte con:

  • osso di banca congelato (innesto di osso omologo) (LaRue et al., 1989; Morello et al., 2001; Liptak et al., 2004a)
  • protesi metallica (Liptak et al., 2006) (Figg. 8 e 8a)
  • segmento osseo neoplastico escisso e sottoposto a neutralizzazione delle cellule tumorali tramite pasteurizzazione (65° C per 40 minuti in soluzione fisiologica sterile) (innesto osseo autologo) (Buracco et al., 2002; Morello et al., 2003) (Fig. 9)
  • segmento osseo neoplastico escisso e autoclavato (Massin et al., 1995; Yamamoto et al., 2002)
  • segmento osseo neoplastico asportato e irradiato (Yamamoto et al., 2002; Liptak et al., 2004c; Boston et al., 2007)

 L’osso o l’impianto metallico sono solidarizzati ai monconi prossimale e distale dell’ospite tramite placche a compressione dinamica, con artrodesi dell’articolazione attigua al tumore. E’ stata anche eseguita una chirurgia conservativa per un OSA a livello di femore prossimale combinando innesto omologo e impianto protesico (Liptak et al., 2005).

La chirurgia conservativa con le suddette tecniche non è però scevra da complicanze quali infezione (31-60%), rottura o cedimento dei mezzi di sintesi (11-40%) e recidiva locale (15-28%) della neoplasia (LaRue et al., 1989; Straw et al., 1996; Morello et al., 2001; Morello et al., 2003; Liptak et al., 2006). L’infezione a carico del sistema innesto-mezzi di sintesi può manifestarsi con intensità variabile. Le forme più frequenti sono rappresentate da fistole cutanee ricorrenti, trattabili mediante somministrazione periodica di antibiotici e disinfezione locale delle lesioni. Nei casi più gravi si sviluppa un processo osteomielitico risolvibile con solo con l’amputazione dell’arto.

Oltre alle sopra elencate tecniche, è anche possibile, dopo escissione di OSA a carico di radio o tibia distale, riempire il difetto con dell’osso rigenerato, vitale e vascolarizzato mediante distrazione progressiva tramite l’applicazione di un apparato di Ilizarov modificato a singolo (Figg. 10 e 10a) o doppio trasporto verticale o a trasporto traverso (Tommasini-Degna et al., 2000; Rovesti et al., 2002; Ehrhart, 2005; Jehn et al., 2007).

Il salvataggio dell’arto per OSA a carico del radio distale è stato anche realizzato facendo ruotare l’ulna con il suo peduncolo vascolare nel difetto creato dopo escissione tumorale (innesto autologo vascolarizzato) (Seguin et al., 2003). Sono descritte complicanze di tipo biomeccanico a seguito dell’utilizzo della suddetta tecnica (Pooya et al., 2004).

La chirurgia quale unico trattamento deve essere considerata una mera palliazione. Le sopravvivenze medie dei cani trattati solo chirurgicamente variano da 103 a 175 giorni (Brodey et al., 1976; Mauldin et al., 1988; Shapiro et al., 1988; Straw et al., 1991; Thompson and Fugent, 1991; Berg et al., 1992; Spodnick et al., 1992) e le percentuali di sopravvivenza a 1 e 2 anni sono rispettivamente dell’11-20% e 2-4% (Straw et al., 1991; Thompson and Fugent, 1991; Berg et al., 1992; Spodnick et al., 1992). Le sopravvivenze dei soggetti amputati e di quelli sottoposti a chirurgie conservative sono sovrapponibili quando la chirurgia viene associata a trattamento chemioterapico (Straw et al., 1996). Vi sono invece differenze tra i soggetti sottoposti a salvataggio dell’arto (innesti omologhi, autologhi, impianti metallici) in caso di comparsa di infezione; i cani con infezione a carico dell’innesto sopravvivono più a lungo rispetto a quelli senza infezione (685 vs 289 giorni) (Lascelles et al., 2005; Liptak et al., 2006).


Chemioterapia
La chemioterapia combinata alla chirurgia o alla radioterapia è in grado di prolungare le sopravvivenze dei cani con OSA appendicolare passando da sopravvivenze medie di 103-175 giorni senza chemioterapia a 262-450 giorni (Brodey et al., 1976; Mauldin et al., 1988; Shapiro et al., 1988; Straw et al., 1991; Thompsonet al, 1991; Berg et al., 1992; Spodnick et al., 1992). Le percentuali a 1 e 2 anni con chemioterapia sono rispettivamente del 31-48% e del 10-26% (Straw et al., 1991; Thompson et al., 1991; Berg et al., 1992; Spodnick et al., 1992). I farmaci che più comunemente trovano impiego in veterinaria nel trattamento dell’OSA includono la doxorubicina, il cisplatino, il carboplatino e il lobaplatino somministrati da soli o in associazione tra loro (Tabella 2).

Le sopravvivenze dei cani trattati esclusivamente con un farmaco derivato del platino (carboplatino, cisplatino) sono simili a quelle ottenute utilizzando protocolli combinati (Dernell et al., 2007). Non è ancora chiaro quale sia il farmaco dotato di maggiore efficacia e quale sia il momento migliore per cominciare la somministrazione di chemioterapia. Viene di norma utilizzata con modalità adiuvante nella fase postoperatoria, lasciando trascorrere un lasso di tempo necessario alla ripresa del paziente dalla chirurgia e alla guarigione della ferita (Berg et al., 1997; Dernell et al., 2007). Non è provata infatti la reale efficacia di un precoce inizio della chemioterapia nella fase post chirurgica. E’ pertanto consigliabile aspettare  7-10 giorni.

La chemioterapia è stata anche applicata localmente, nella sede chirurgica, in caso di innesto osseo sottoforma di spugne biodegradabili a lento rilascio intrise di cisplatino (Straw et al., 1994; Withrow et al., 2004; Mehl et al., 2005).

Il target della chemioterapia sono le micrometastasi tumorali; la sua efficacia risulta infatti ridotta quando impiegata per trattare metastasi macroscopiche (Ogilvie et al., 1993). Queste possono essere gestite, se del caso,  mediante metastasectomia (O’Brien et al., 1993).

Farmaco Sopravvivenza mediana (gg) Sopravvivenza 1 anno (%) Sopravvivenza 2 anni (%)
* Cisplatino   70 mg/mq ev per 4-5 cicli ogni 3 settimane

Cisplatino

Thompson and Fugent, 1991

Shapiro et al., 1988

Straw et al., 1991

Kraegel et al., 1991

Berg et al., 1992

290

301

262

413

325

33

NR

38

62

45,5

NR*

NR

18

NR

20,9

*Cisplatino (50 mg/mq, giorno 1)/Doxorubicina (15 mg/mq, giorno 2) ev per 4 cicli, ogni 3 settimane

*Doxorubicina (30 mg/mq, giorno 1)/Cisplatino (70 mg/mq, giorno 21) per 2 cicli, ogni 3 settimane in modo alternato

Cisplatino e doxorubicina

Chun et al., 2005

Mauldin et al., 1988

Berg et al., 1997

300

300

345

NR

36,8

48

NR

26,3

28

* Doxorubicina 30 mg/mq ev ogni 21 gg per 5 cicli

Doxorubicina

Berg et al., 1995

Moore, 2007

366

240

50,5

35

9,7

17

*Carboplatino300 mg/mq ev ogni 3 settimane 4 cicli

Carboplatino

Bergman et al., 1996

Phillips et al., 2009

Saam et al, 2011

321

307

277

35,4

36,8

36

NR

18,7

22

*Carboplatino (300 mg/mq, giorno 1)/Doxorubicina (30 mg/mq, giorno 21) per 3 cicli ogni 3 settimane

*Carboplatino (175 mg/mq, giorno 1)/Doxorubicina (15 mg/mq, giorno 2) per 4 cicli ogni 3 settimane

Carboplatino + doxorubicina

Bacon et al., 2008

Bailey et al., 2003

Kent et al., 2004

258

235

320

NR

NR

48

NR

NR

18

* Carboplatino (150-220 mg/mq, giorno 1)/Doxorubicina(15 mg/mq, giorno 1) per 4 cicli, ogni 3 settimane + piroxicam 0,3 mg/kg sid per durata protocollo

Carboplatino + doxorubicina + piroxicam

Langova et al., 2004

450 NR NR
* Lobaplatino35 mg/mq, ev ogni 3 settimane  max 4 cicli

Lobaplatino

Kirpensteijn et al., 2002b

NR 31 NR

Tabella 2. Protocolli chemioterapici in uso per l’OSA canino e relative sopravvivenze.

Radioterapia
È stata applicata con finalità curative abbinata alla chemioterapia senza chirurgia ma con risultati oncologici inferiori rispetto a quelli ottenuti combinando chirurgia e chemioterapia (Walter et al, 2005); sempre in associazione con chemioterapia è stata applicata irradiando il segmento osseo tumorale esteriorizzato chirurgicamente con una sola dose da 70Gy. Il tasso di complicanze è però elevato (69%) con infezioni, frattura dell’osso irradiato, recidiva e cedimento dei mezzi di sintesi (Liptak et al., 2004c; Boston et al., 2007). Ha trovato di recente impiego, con buoni/ottimi risultati, la radiochirurgia stereotattica; è una modalità di trattamento moderna, volta ad irradiare lesioni in singola sessione con radiazioni ad elevata potenza (30-50 Gy) che vengono concentrate in modo mirato sul tumore e molto debolmente nelle parti circostanti. In molti casi non è necessario intervenire chirurgicamente. Ad oggi sono però pochi i centri specializzati in grado di offrire questo trattamento (Farese et al., 2004).


Terapie palliative
Hanno lo scopo di migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da tumore, alleviando in primis il dolore ma non hanno finalità curative o di prolungamento della sopravvivenza.

La radioterapia trova impiego a tale scopo riducendo il dolore e la zoppia. I protocolli utilizzano bassi dosaggi e un ridotto numero di applicazioni, con effetti collaterali minimi sui tessuti sani. Le percentuali di animali che traggono beneficio dal trattamento variano dal 50 al 90% e la durata dell’analgesia da 53 a 108 giorni. Ve ne sono da due (Ramirez III et al., 1999), tre (Bateman et al., 1994; Ramirez III et al., 1999; Mueller et al., 2005), quattro (Green et al., 2002) sedute o i c.d. protocolli accelerati (Knapp-Hoch et al., 2009). Non è chiaro se la combinazione di radioterapia e chemioterapia possa prolungare la durata dell’analgesia.

E’ stato osservato un prolungamento della sopravvivenza nei cani affetti da OSA appendicolare metastatico (stadio III) trattati con radioterapia anziché con chirurgia (Boston et al., 2006)

Anche i bifosfonati, sottoforma di acido zoledronico (Spugnini et al., 2009), pamidronato (Fan et al., 2005, 2007, 2009) e alendronato (Tomlin et al., 2000), sono impiegati come blandi palliativi del dolore.

Qualche successo è stato ottenuto nel ridurre localmente il dolore con la chemioterapia metronomica a base di doxiciclina, piroxicam e ciclofosfamide nei cani affetti da OSA appendicolare metastatico (Liptak et al., 2004b).

Va ricordato infine che la chirurgia, sia essa conservativa o demolitiva, non associata alla chemioterapia deve essere considerata un trattamento palliativo in caso di OSA appendicolare.

FATTORI PROGNOSTICI
I fattori prognostici negativi associati a ridotte sopravvivenze nei cani con OSA appendicolare includono l’ètà giovanile (Spodnick et al., 1992; Loukopoulos et al., 2007), elevati valori ematici pre-trattamento di fosfatasi alcalina (totale e osso specifica) (Ehrhart et al., 1998; Garzotto et al., 2000; Kirpensteijn et al., 2002a), diffusione metastatica linfonodale (Ehrhart et al., 1998; Garzotto et al., 2000; Kirpensteijn et al., 2002a), elevato grado istologico (G III) (Kirpensteijn et al., 2002a; Loukopoulos et al., 2007), OSA di stadio III (metastatico) (Boston et al., 2006), OSA costali, scapolari, omerali (Bergman et al., 1996), elevato peso corporeo (Hammer et al., 1995; Ru et al., 1998), escissione incompleta (Hammer et al., 1995), dimensioni tumorali (Misdorp et al, 1979).

COMPARAZIONE
L’OSA canino rappresenta un modello unico di studio per l’OSA umano per le similitudini esistenti tra il tumore dell’uomo e del cane (Tabella 3). L’oncologia comparata sta assumendo infatti interesse crescente in quanto lo studio della neoplasia ad insorgenza spontanea negli animali d’affezione (cane e gatto) offre nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche d’interesse sia per la medicina umana che veterinaria (Mueller et al., 2007; Paoloni et al., 2007, 2010; Gordon et al. 2009, 2010).

Variabili

Cane

Uomo

Incidenza in USA

>8000 casi/anno

600 nuovi casi/anno

Età media

Cani età media, anziani

Picco di incidenza 7-9 anni.

Secondo piccolo picco 18-24 mesi

Età media 7 anni

Malattia dell’adolescenza

Picco di incidenza 10-20anni

Età media 16 anni

Razza

Razze grosse/giganti

Familiarità in San Bernardo, Rottweiler, Scottish Deerhound

Nessuna

Sesso

Maschi appena più rappresentati delle femmine (1,1 – 1,5:1)

Maschi più rappresentati delle femmine (1,6:1)

Localizzazione

75% scheletro appendicolare, metafisi ossa lunghe

Radio distale, omero prossimale, femore distale e tibia prossimale e distale

Metafisi, metadiafisi delle ossa lunghe (80-90%)

Ossa adiacenti articolazione del ginocchio (50%), omero prossimale (25%)

Eziologia

Non completamente nota

Non completamente nota

Grado istologico

Alto grado

Alto grado

Alterazioni molecolari e genetiche

p53 (mutata), IGF-1/IGF-1R (overespressa, infausto esito clinico), HGF/C-Met (overespressa, contribuisce al fenotipo maligno), erbB-2/HER-2 (overespressa, infausto esito clinico), PTEN (mutato), Ezrin (evidenziata, contribuisce al fenotipo maligno ), metalloproteinasi di matrice (espressa), PDGF-b(espressa), VEGF (espressa), P-gp (espressa)

p53 (mutata), IGF-1/IGF-1R (overespressa, esito clinico infausto), HGF/C-Met (overespressa, contribuisce al fenotipo maligno), erbB-2/HER-2 (overespressa, infausto esito clinico), PTEN (mutato), Ezrin (evidenziata, contribuisce al fenotipo maligno ), metalloproteinasi di matrice (espressa), PDGF-b(espressa), VEGF (espressa),

Segni clinici

Dolore, tumefazione dura e dolente, rare fratture patologiche (3%)

Dolore, tumefazione dura e dolente, gamba gonfia, fratture patologiche non comuni

Localizzazioni metastatiche

10% dei casi con metastasi alla diagnosi: polmone, osso (7,4%)

Metastasi linfonodi regionali (4,4-9,0%)

20% dei casi con metastasi alla diagnosi (polmone, osso)

Metastasi linfonodi regionali (<10%)

Terapia

Amputazione, salvataggio dell’arto

Chemioterapia adiuvante (Doxorubicina, composti del platino)

Salvataggio dell’arto (90% dei casi), amputazione rara

Chemioterapia neoadiuvante: doxorubicina, methotrexate, isofosfamide, composti del platino

E  chemioterapia adiuvante

Sopravvivenza

60% ad 1 anno con chemioterapia

70% a 5 anni con chemioterapia

Fattori prognostici negativi

Rilievo di metastasi alla diagnosi (polmoni, linfonodi, osso)

Elevati valori di ALP, LDH

Volume tumorale

Grado istologico

Età (soggetti giovani)

Rilievo di metastasi alla diagnosi (polmoni, linfonodi, osso)

Elevati valori di ALP, LDH

Volume tumorale

Grado istologico

Età (soggetti giovani)

Scarsa risposta alla chemioterapia neoadiuvante (% necrosi tumorale)

Fattori prognostici positivi

Infezione post-op innesti ossei

Alta percentuale di necrosi tumorale indotta da chemioterapia o radioterapia

Infezione post-op innesti ossei

Alta percentuale di necrosi tumorale indotta da chemioterapia o radioterapia

Tabella 3. Similitudini e differenze esistenti tra OSA appendicolare del cane e dell’uomo.

OSA ASSIALE
Il 24% circa degli OSA del cane ha localizzazione assiale. In uno studio condotto su 116 soggetti affetti da OSA (Heyman et al, 1992) il 27% delle lesioni era localizzato a livello mandibolare, il 22% a livello mascellare, il 15% sulle vertebre, il 14% sulle ossa craniche, il 10% a livello di coste, il 9% nella cavità nasale  e il 6% sulle ossa pelviche. Sono segnalate insorgenze, seppur rare, a carico dell’osso del pene e della rotula.

OSA VERTEBRALE
Le localizzazioni vertebrali sono rare e caratterizzate da comportamento aggressivo sia localmente (lesioni litiche) che sistemico (alto potenziale metastatico) con sopravvivenze di 4 mesi a seguito di associazione di chirurgia, chemioterapia e radioterapia (Dernell et al, 2000). Prima dell’instaurazione di veri e propri segni neurologici, prevale il dolore.

OSA COSTALE
L’OSA rappresenta il tumore più frequente a livello costale (28-63% dei casi), seguito dal condrosarcoma (28-35%); sono segnalati inoltre rari casi di fibrosarcoma ed emangiosarcoma. Compaiono in soggetti generalmente anziani, di grosse dimensioni ma non sono note predisposizioni di razza o sesso.  I sintomi più comuni includono presenza di una massa palpabile a carico della parete toracica; sono rilevabili difficoltà respiratorie in caso di imponente estensione del tumore all’interno della cavità toracica con compressione del cuore e dei polmoni o di  versamento pleurico, zoppie a carico dell’arto anteriore per interferenza meccanica o invasione tumorale del plesso brachiale. Sono localizzati nella maggior parte dei casi a livello della giunzione costocondrale ma è possibile riscontrarli anche a carico delle sternebre. Sono descritte localizzazioni multiple (più coste). Localmente le lesioni possono essere litiche (più spesso), produttive o ad aspetto misto. E’ metastatico soprattutto a livello polmonare e osseo (16%).

L’iter diagnostico è sovrapponibile a quello descritto per le forme appendicolari. E’ opportuno eseguire un esame radiografico della lesione costale per valutarne l’estensione, il numero di coste coinvolte ed un eventuale coinvolgimento di strutture attigue quali pericardio, vertebre, polmoni e del torace  per escludere la presenza di metastasi polmonari. Informazioni più accurate a riguardo sono ottenibili con una esame TAC (Fig. 11).

Il trattamento chirurgico prevede l’escissione ad ampio margine della lesione che deve includere la rimozione di una costa cranialmente e caudalmente al tumore, 3 cm di osso costale macroscopicamente normale dorsalmente e ventralmente alla costa tumorale e 3 cm di margine attorno ai tessuti adiacenti al tumore (pleura, muscoli, fascia). Eventuali aderenze con organi attigui devono essere escisse en bloc  (lobectomie polmonari, pericardiectomie) piuttosto che sbrigliate. La ricostruzione prevede, a seconda dell’ampiezza del difetto chirurgico, l’uso di lembi muscolari autologhi, l’applicazione di omento associati o meno a impianti prostatici a rete.

E’ stato dimostrato che la somministrazione postchirurgica di chemioterapia migliora la  sopravvivenza dei cani con OSA costale rispetto alla sola chirurgia, passando da 90 giorni a seguito di sola chirurgia a 240-290 giorni combinando escissione tumorale e chemioterapia (Dernell et al, 2007; Liptak et al, 2008). I farmaci impiegati sono quelli utilizzati nelle forme appendicolari. Le localizzazioni costali sono descritte anche nel gatto.

OSA PELVICO
Le localizzazioni pelviche possono determinare l’insorgenza di  zoppia e deformazione del profilo; in rari casi sono presenti anche segni di costipazione secondari a compressione esterna della massa tumorale a carico del colon/retto, palpabile sia dall'esterno sia per via rettale. L’OSA pelvico ha un comportamento biologico sovrapponibile a quello appendicolare e necessita di terapie multimodali (chirurgia, chemioterapia adiuvante, se del caso radioterapia). E’ possibile intervenire chirurgicamente asportando porzioni variabili di bacino fino ad arrivare a delle emipelvectomie (Straw et al., 1992).

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