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Malattie trasmesse da artropodi vettori

  • Disciplina: Parassitologia
  • Specie: Cane e Gatto

Un artropode è considerato un vettore quando è in grado di garantire all’interno del proprio organismo la sopravvivenza, una o più fasi del ciclo biologico e, infine, la trasmissione di organismi unicellulari o pluricellulari patogeni. Il vettore è definito biologico quando l’agente patogeno si sviluppa o si moltiplica all’interno dell’artropode prima che possa essere trasmesso in forma infettante/infestante ad un ospite suscettibile, mentre il vettore è definito meccanico quando l’artropode trasmette un organismo da un ospite infetto ad un ospite sano senza alcuna modifica o sviluppo da parte dell’agente patogeno all’interno dell’artropode stesso.

La capacità di molti artropodi di trasmettere agenti patogeni agli animali ed all’uomo è il risultato di un lungo processo di evoluzione e adattamento che via via si è andato stabilendo tra l’ectoparassita e gli ospiti sui quali l’artropode compie il pasto di sangue. Infatti il sangue costituisce la via principale attraverso cui, nella maggior parte dei casi, gli artropodi trasmettono gli organismi patogeni.

Le femmine di artropodi quali le zecche, le zanzare, i flebotomi, le pulci, necessitano di un pasto di sangue per garantire il ciclo gonotrofico dell’artropode e la deposizione delle uova; il numero di uova prodotte e deposte è direttamente proporzionale alla quantità di sangue sottratto all’ospite. Alla luce di queste necessità biologiche, molti artropodi si sono adattati alla vita ectoparassitaria riuscendo a superare i meccanismi difensivi degli animali e dell’uomo.

La capacità di sottrarre sangue all’ospite vertebrato ha portato, nel tempo, all’instaurarsi di una complessa interazione non solo tra l’ectoparassita e l’ospite ma anche tra l’ectoparassita e l’agente patogeno. La sopravvivenza, lo sviluppo e la capacità di infettare l’ospite vertebrato dell’organismo patogeno sono quindi strettamente dipendenti dall’artropode vettore. Nelle interazioni ospite vertebrato/agente patogeno/vettore invertebrato si è quindi andato instaurando un equilibrio di tipo multifattoriale in cui ciascuno ha l’obiettivo di sopravvivere agli altri e, di fatto, favorire all’agente patogeno la sua più ampia diffusione nelle popolazioni di ospiti recettivi. In questo delicato equilibrio, i meccanismi messi in atto dai diversi ‘protagonisti’ sono molto complessi e spaziano dalla più (relativamente) semplice capacità, di alcuni nematodi, di svilupparsi nel vettore nella forma infestante, alla più raffinata capacità di alcune specie di protozoi, di invadere le ovaie dell’artropode per poter essere trasmessi dalla progenie.

Esistono artropodi molto “specializzati”, in cui il rapporto con il patogeno da essi trasmesso è ‘esclusivo’ (es., Leishmania e flebotomi) e artropodi meno specializzati, quali le zecche e le zanzare, vettori di agenti patogeni diversi e di varia natura, in cui cioè tale rapporto è meno ‘specializzato’.

I rapporti biologici che si sono evoluti nel tempo tra gli agenti patogeni ed i propri vettori sono molto stretti. Un esempio è fornito dalle zecche e da molti microorganismi da esse trasmessi. L’abilità di una determinata specie di zecca di agire come vettore dipende dalla capacità dell’agente patogeno non solo di sopravvivere e superare le diverse barriere che incontra nell’invertebrato ma anche di sfruttarle per continuare il proprio ciclo. Babesia è in grado di sopravvivere nelle ghiandole salivari della zecca durante le mute da larva a ninfa e da ninfa ad adulto, amplificando, in tal modo, le possibilità di essere trasferito all’ospite vertebrato in occasione del pasto di sangue. Un altro rapporto molto stretto è quello esistente tra Leishmania e i flebotomi: nell’insetto i cambiamenti morfologici e funzionali del protozoo, che deve mutare da amastigote a promastigote metaciclico (infettante per il vertebrato al successivo pasto di sangue), sono finalizzati sia ad assicurare la propria sopravvivenza nell’apparato digerente dell’insetto sia quella del suo vettore, il flebotomo. Molto interessante è la capacità rilevata in Leishmania di indurre nel flebotomo modificazioni funzionali; in particolare, i promastigoti metaciclici si ammassano in corrispondenza della valvola stomodeale del flebotomo e impediscono il normale deflusso del sangue nell’apparato digerente dell’insetto. Tale modificazione funzionale è in grado di alterare il comportamento dell’insetto e indurlo ad una ricerca più spasmodica del pasto di sangue e ad un più lungo tempo di alimentazione, contribuendo in tal modo ad aumentare le possibilità che il vettore trasmetta il protozoo.

Tra i vettori meccanici i Muscidae sono maggiormente implicati nella trasmissione di agenti patogeni e tale caratteristica è legata soprattutto ad alcuni aspetti morfologici di questi insetti. Infatti, la morfologia e la struttura stessa delle mosche rendono questi insetti particolarmente adatti per il trasporto di diversi organismi patogeni: la proboscide è coperta di un abbondante peluria e le zampe e i cuscinetti plantari possono trasportare sostanze vischiose capaci di trattenere molti microrganismi. Inoltre, la tendenza da parte di alcune specie ad alimentarsi su materiale in decomposizione (es., feci, rifiuti) indica che potenzialmente questi insetti possono trasmettere un ampio numero di virus, batteri, protozoi. In Musca domestica sono stati isolati oltre 100 diversi organismi patogeni e, di questi, oltre la metà possono essere trasmessi. Infine, il vomito, comune nei muscidi, favorisce la trasmissione meccanica perché i microrganismi patogeni assunti precedentemente da animali malati, possono essere facilmente trasferiti su una mucosa già lesa dall’azione dell’apparato buccale dell’insetto, durante la fase di alimentazione su di un altro ospite. Non va trascurata anche la capacità che hanno alcune mosche di fungere da ospiti intermedi di alcuni parassiti che compiono una parte del ciclo biologico all’interno del dittero, come ad esempio i nematodi oculari del genere Thelazia e i nematodi del cavallo appartenenti al genere Habronema (Fig. 1).

EPIDEMIOLOGIA DELLE MALATTIE TRASMESSE DA VETTORI
Molte malattie trasmesse da vettori sono considerate (ri-)emergenti, soprattutto a causa di importanti mutamenti che ne hanno influenzato e ne influenzano l’epidemiologia. Negli ultimi anni importanti modifiche ecologiche, sociologiche e fenologiche hanno influito sulla presenza e diffusione sia dei vettori sia dei patogeni da essi trasmessi e, pertanto, molte malattie trasmesse stanno emergendo con un conseguente aumento della loro rilevanza sanitaria, sia in aree già endemiche sia in aree precedentemente indenni.

La temperatura, l’umidità e le condizioni ambientali in genere, sono i principali fattori coinvolti nella sopravvivenza e nello sviluppo dei vettori e degli agenti patogeni e, pertanto, uno dei fattori maggiormente implicati nell’attuale aumento della diffusione e della distribuzione delle malattie trasmesse da artropodi è il riscaldamento del pianeta. Poiché lo svolgimento dei processi fisiologici di molti invertebrati dipende in larga misura dalla temperatura ambientale, la distribuzione delle malattie trasmesse da vettori è fortemente influenzata dall’aumento delle temperature. In particolare, sembra che i mutamenti climatici abbiano modificato la distribuzione geografica di queste malattie, eliminando alcuni “paradigmi scientifici” in passato ben radicati, come ad esempio, la convinzione che la filariosi cardiopolmonare fosse confinata nelle regioni settentrionali del nostro paese e la leishmaniosi nelle regioni meridionali. Le mutate condizioni ambientali dimostrano che, in molte regioni mediterranee, Italia inclusa, mentre alcuni vettori (es,. i flebotomi) continuano a presentare una tipica attività stagionale, altri artropodi, quali zecche, pulci e alcune specie di zanzare, sono oggi attivi durante tutto l’anno solare. L’areale di distribuzione di molti artropodi sta subendo delle modificazioni e, pertanto, in molti contesti geografici, gli animali sono esposti permanentemente al rischio di contrarre patologie trasmesse da artropodi. Alcune specie di zecche si sono, infatti, adattate a vivere negli ambienti urbani, dove il clima e il microhabitat domestico favoriscono il completamento del loro ciclo biologico e, di conseguenza, il rischio di trasmissione di agenti patogeni non solo agli animali d’affezione ma anche all’uomo. Casi analoghi si registrano anche per alcune specie di pulci e per le infezioni da esse trasmesse; in alcuni contesti geografici, i cani possono infestarsi durante tutto l’anno correndo in tal modo un rischio costante di essere infettati da vari microorganismi trasmessi da questi ectoparassiti (es., Bartonella). Un altro esempio importante è quello fornito dalle zanzare e Dirofilaria; negli ultimi anni è in atto una tendenza alla comparsa delle filarie in aree geografiche considerate in precedenza indenni ed ad un aumento del numero dei casi di infestazione in zone in cui il parassita è già presente. Infatti, modelli di studio sperimentali hanno confermato che l’aumento delle temperature non solo favorisce il ciclo biologico delle zanzare e l’introduzione di nuove specie in zone precedentemente indenni, ma anche la velocità di sviluppo di Dirofilaria all’interno delle zanzare stesse.

La segnalazione negli ultimi anni di focolai autoctoni di leishmaniosi canina, in numerose regioni del Nord Italia, rappresenta un esempio rilevante di come molti artropodi, in questo caso i flebotomi, stiano colonizzando nuove nicchie ecologiche. La distribuzione e la prevalenza in Italia della leishmaniosi canina sono strettamente legate alla stagionalità dei flebotomi e, in particolare, di Phlebotomus perniciosus (Fig. 2), il più importante vettore di Leishmania nell’area mediterranea, la cui presenza si registra tra giugno e ottobre. Non è da escludere la possibilità di futuri mutamenti nella stagionalità dei flebotomi, con conseguente ampliamento, anche temporale, del rischio di infezione da Leishmania.

È bene tuttavia precisare che, benché i cambiamenti climatici abbiano un ruolo importante nell’aumento dell’areale di diffusione di molti agenti patogeni trasmessi da artropodi, altre variabili sono in grado di condizionare la distribuzione dei vettori e delle malattie da essi trasmesse; tra queste, la movimentazione degli animali (da compagnia e da reddito) ed il consolidamento degli scambi commerciali internazionali. La movimentazione degli animali può infatti determinare l’introduzione di nuove specie di agenti patogeni in aree geografiche precedentemente indenni. Per gli animali da reddito o sportivi (es. ruminanti e cavalli), sono oggetto di particolare preoccupazione le malattie trasmesse da artropodi (es., babesiosi) per le quali il sistema immunitario degli animali gioca un ruolo molto importante e, pertanto, infezioni introdotte in zone precedentemente indenni possono avere un impatto rilevante per la salute animale.

Per ciò che concerne gli animali da affezione, i mutamenti nelle dinamiche di interrelazione uomo-animale, il più stretto contatto e il conseguente aumento della movimentazione degli animali (es., per mostre, turismo, vacanza, caccia), ha favorito e favorisce la diffusione non solo dei vettori ma anche degli agenti patogeni in differenti popolazioni di ospiti vertebrati e invertebrati. L’incremento della popolazione canina e il ruolo sociale che i cani rivestono pongono nuove problematiche per la salute pubblica, in quanto molti vettori compiono il pasto di sangue sugli animali e sull’uomo e, quindi, possono fungere da potenziali serbatoi per la trasmissione di diversi microorganismi zoonosici.

Un altro mutamento che contribuisce alla diffusione delle malattie trasmesse da vettori è l’abitudine a considerare come animali da affezione (da tenere in casa o in giardino) i cosiddetti “animali non convenzionali” come, ad esempio, i furetti, ospiti potenziali di Dirofilaria, o i ricci, ospiti di alcune specie di zecche (Ixodes) vettori di Borrelia, agente patogeno di interesse zoonosico.

Che gli scambi commerciali possano, poi, essere causa della diffusione in nuove aree geografiche di vettori competenti per la trasmissione delle infezioni/infestazioni, è un fenomeno ampiamente dimostrato per Aedes albopictus. Questa specie di zanzara, nota con il nome di zanzara tigre, è una specie di origine asiatica, introdotta in Italia con un carico di copertoni usati, peraltro proveniente dagli Stati Uniti. Aedes albopictus, vettore provato delle filarie di cane e gatto, è stata in grado di adattarsi molto bene ai climi italiani, diffondendosi su tutto il territorio nazionale e, probabilmente, concorrendo all’aumento dell’areale di distribuzione in Italia di Dirofilaria. Tale situazione è molto importante dal punto di vista sanitario perché A. albopictus mostra uno spiccato comportamento antropofilo e, pertanto, considerando le potenzialità zoonosiche delle filarie, costituisce un problema anche di sanità pubblica.

Altre modificazioni nelle abitudini della società come, ad esempio, l’urbanizzazione di aree periferiche, il ritorno alla natura e la creazione di unità immobiliari lontane dalle città, con molte aree verdi, possono essere alla base dell’ulteriore rischio di trasmissione delle malattie trasmesse da vettori. Infatti, passeggiate nei boschi o in zone silvestri, così come frequentazioni di agriturismi o maneggi, aumentano la possibilità per l’uomo di diventare fonte di alimentazione per artropodi, come le zecche, in grado di trasmettere agenti patogeni zoonosici (es., Rickettsiales) e che trovano in animali selvatici reservoirs importanti. Analogamente, aree verdi residenziali o zone peri-urbane possono consentire a vettori come zanzare, flebotomi e zecche, di sopravvivere e di riprodursi, grazie a condizioni ecologiche create dagli stessi abitanti del luogo (pozze d’acqua, anfratti artificali, ecc.) ed alla presenza di ospiti selvatici o semi-domestici (arvicole, topi, ratti), che forniscono loro la possibilità del pasto di sangue e, contestualmente, possono albergare uno o più agenti patogeni di interesse  zoonosico (es. Leishmania).

Un altro importante quanto drammatico fenomeno che favorisce la presenza sul territorio di ectoparassiti e di organismi da essi trasmessi è il randagismo. Il rischio che cani e/o gatti randagi, liberi in ambiente o residenti in rifugi, possano albergare agenti patogeni trasmessi da vettori è molto elevato sia perché essi solitamente non sono sottoposti a trattamenti antiparassitari sistematici sia perché le condizioni generali di questi animali (es., denutrizione o malattie concomitanti) possono contribuire a renderli suscettibili a molte patologie, incluse quelle trasmesse da artropodi. Quando parassitati, questi animali fungono da reservoirs vaganti per le popolazioni di ectoparassiti presenti sul territorio che, a loro volta, possono contribuire alla propagazione dei vari agenti infettivi e parassitari tra gli animali domestici e anche tra la popolazione umana.

La conservazione della fauna e l’aumento del numero dei mammiferi selvatici è un’altra variabile che potrebbe aver contribuito negli ultimi anni all’emergenza delle malattie trasmesse da artropodi. Infatti, molte specie silvestri (es., ungulati) sono in grado non soltanto di sopportare infestazioni da zecche notevoli, ma di fornire agli ectoparassiti “protezione” e abbondanti pasti di sangue, in quanto non sottoposti a trattamenti antiparassitari. In questo modo favoriscono il ciclo biologico dei vettori e ne consentono l’aumento delle popolazioni sul territorio. Tale situazione è inoltre aggravata dal fatto che molti ungulati selvatici, pur albergando agenti patogeni trasmessi da zecche, non mostrano sintomi clinici. Ad esempio, gli stadi immaturi di Ixodes ricinus si alimentano su piccoli roditori mentre gli adulti (Fig. 3) su cervidi o altri grandi mammiferi, svolgendo, in assenza di sintomi, un ruolo rilevante per la diffusione di Borrelia.

Un altro aspetto biologico che ha contribuito all’incremento dell’interesse nei confronti delle malattie trasmesse da artropodi è l’aumento della frequenza delle co-infezioni. Molti artropodi possono infatti fungere da vettori competenti di uno o più agenti patogeni, potendo quindi trasmettere infezioni singole o multiple, soprattutto a carico degli ospiti vertebrati che vivono nelle zone endemiche e/o in aree in cui la densità dei vettori è elevata. In particolare, i vettori possono assumere più agenti patogeni dopo un singolo pasto di sangue effettuato su un ospite con infezioni multiple, ovvero contraendo l’infezione dopo essersi alimentati, a diversi stadi del loro sviluppo, su più ospiti infetti, permettendo la trasmissione trans-stadiale dei patogeni. In entrambi i casi, il ruolo dei diversi ospiti che possono fungere da serbatoi (es., roditori, cani, cervidi), eventualmente infettati da più agenti patogeni, è di fondamentale importanza nel mantenimento del ciclo enzootico.

Sia le infezioni singole sia le co-infezioni dipendono anche dalle complesse interazioni degli agenti patogeni negli ospiti vertebrati ed invertebrati. Sembra che Leishmania rivesta un ruolo primario come fattore predisponente per l'infezione da altri agenti patogeni. Infatti, l’ehrlichiosi e la leishmaniosi sono tra le più frequenti co-infezioni canine riscontrate nelle regioni endemiche. In corso di leishmaniosi, l’alterazione delle risposte immunitarie cellulari e umorali del cane sembra contribuire alla riacutizzazione di forme di ehrlichiosi sub-cliniche. Un’ulteriore variabile da considerare è la possibilità che l’interazione tra più agenti patogeni possa indurre un’immunosoppressione più accentuata, e quindi clinicamente più rilevante, rispetto a quella determinata da un singolo patogeno.

PREVENZIONE E CONTROLLO
In conclusione, le malattie infettive e parassitarie trasmesse da artropodi rappresentano un pericolo quotidiano sia per gli animali da reddito sia per gli animali da affezione e, pertanto, l’applicazione di metodi di controllo appropriati ed efficaci rappresenta il sistema più efficace per contrastare i rischi ad essi correlati nell’ambito della sanità pubblica e veterinaria.

Il controllo di queste infezioni e infestazioni richiede un approccio olistico basato sulla conoscenza sia della distribuzione ed ecologia dei vettori e degli agenti patogeni che essi possono trasmettere, sia dell’azione patogena esercitata dai vettori e dagli organismi trasmessi. L’impiego di molecole ad attività insetticida/acaricida rappresenta un utile strumento, soprattutto considerando l’elevato numero di molecole e formulazioni disponibili sul mercato. Le caratteristiche principali che le molecole devono possedere sono scarsa tossicità per gli esseri umani, gli animali e l’ambiente, maneggevolezza, attività abbattente, residuale ed, eventualmente, repellente. L’attività repellente è una qualità che hanno alcune molecole (es., deltametrina, permetrina) ed essa consiste nella capacità del prodotto di causare il distacco del parassita prima che esso abbia effettuato il pasto di sangue, pur non escludendo completamente il contatto con l’ospite vertebrato. L’impiego delle sostanze repellenti è molto importante perché esse proteggono l’animale per un lungo periodo impedendo l’attività parassitaria dell’artropode, l’eventuale inoculazione di agenti patogeni e, infine, la circolazione degli stessi tra gli ospiti vertebrati e invertebrati.

Le numerose molecole antiparassitarie, ad attività insetticida e/o acaricida, si possono ritrovare in diverse formulazioni: pour-on, bagni, spugnature, spray, polveri, collari, pipette spot-on. Esistono anche formulazioni contenenti combinazioni di molecole diverse, nelle quali sono garantite l’azione sinergica e/o le attività abbattenti e residuali o, in altri casi, persino la possibilità di uno spettro di azione più ampio, esteso agli endoparassiti.

Poiché la diffusione e il rischio di infezione/infestazione varia in base alla distribuzione geografica e stagionale dei rispettivi vettori è necessario che il medico veterinario abbia piena conoscenza degli aspetti epidemiologici nell’area in cui opera, prima di suggerire interventi di profilassi e controllo. Infatti, il successo dei metodi di trattamento e profilassi nei confronti degli ectoparassiti e delle malattie trasmesse dipende non soltanto dall’uso appropriato dei prodotti reperibili in commercio, ma anche dalla conoscenza della biologia ed epidemiologia del/i vettore/i in una data area o regione geografica.


Bibliografia

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